Il caso di Carlotta Rossignoli sta generando una tempesta di commenti sprezzanti. La giovane veronese si è laureata a 23 anni in Medicina e Chirurgia all’Università San Raffaele di Milano. A pieni voti e con lode. Dovrebbe essere una gran bella notizia, eppure il traguardo di Carlotta è malvisto. Si parla di raccomandazioni, di esami a porte chiuse, di mancanza di rispetto verso gli altri studenti. Ma soprattutto, il movente delle accuse è la condizione economica abbiente della studentessa. Quasi come se Carlotta dovesse sentirsi in colpa per il modo in cui conduce la sua vita personale.
Com’è possibile che quasi nessuno parli di merito? Perché la vita privata di ciascuno influenza il giudizio fino ad arrivare al pregiudizio?
Forse perché nella nostra società la forma prevale sul contenuto. L’apparire torreggia sull’essere. E considerando che Carlotta è una bella ragazza, influencer e amante dello sport, tutto questo non è ben digerito. Quando non si riesce a guardare oltre le apparenze, oltre i fronzoli, è facile giudicare. Nella nostra società siamo abituati a polemizzare su tutto e tutti. Qualsiasi scelta altrui, che sia giusta o sbagliata, diventa fonte di critiche. Ma chi siamo noi per sentenziare sulle vite degli altri?
A questo proposito, il virologo Roberto Burioni scrive: “Tutto il resto – orologi, minigonne, viaggi esotici e via dicendo – sono chiacchiere da bar o scelte di vita personali dei nostri studenti che in nessun modo ci riguardano”.
A Carlotta è stato persino chiesto di esibire il libretto degli esami per dare prova di essere davvero “meritevole”. Siamo arrivati all’assurdo. Da quando bisogna discolparsi per aver raggiunto un obiettivo? Chi ci ha inculcato che avere delle ambizioni e perseguirle è una colpa? Il sospetto e gli insulti nei confronti di Carlotta Rossignoli sono sintomo di una patologia sociale. Ovvero quella che spinge a svalutare gli altri a discapito della ricerca del proprio valore.
“L’ambizione costruisce piume per volare; il controllo ossessivo e la svalorizzazione sono piombo sciolto sulle ali” (Paolo Crepet)
Ecco, l’intenzione di voler controllare la vita accademica e privata di questa ragazza, con il conseguente atteggiamento di disistima verso la stessa, è profondamente triste. Gran parte dell’opinione pubblica insinua che Carlotta abbia agito in malafede. E come se non bastasse, si pretende che la neolaureata di 23 anni debba dimostrare di non aver ingannato nessuno.
Una simile vicenda è accaduta alla premier finlandese Sanna Marin. Quest’estate, alla giovane ministra è stato chiesto di fare il test antidroga perché era stata ripresa mentre ballava ad un party. Anche in questo caso, si è voluta colpevolizzare una donna intelligente e in carriera. Al punto che la premier si è trovata quasi costretta a fare il test antidroga per non lasciare che una bufera mediatica rovinasse la sua immagine.
Di esempi simili ce ne sono a iosa. Un mese fa, Nicola Vernola è stato proclamato il laureato più giovane d’Italia. A 20 anni si è laureato in Giurisprudenza con il massimo dei voti. Eppure, su di lui non si è abbattuta nessuna bufera mediatica. Forse perché si tratta di un ragazzo, forse perché i profili social del neo dottore non lasciano spazio al chiacchiericcio. Fatto sta che Nicola Vernola non ha provocato né clamore, né scandalo.
Carlotta Rossignoli sì. Sui social si parla di “narrazione tossica”. Ma non è forse tossica questa “incontinenza comunicativa” , che come afferma Paolo Crepet, fa credere di poter dare la propria opinione su tutto?
La storia di Carlotta avrebbe del tossico perché troppo giovane e troppo impegnata a viaggiare per aver conseguito una laurea in Medicina
Anche qui, la domanda arriva spontanea: chi ha deciso che nella vita di ognuno debbano esserci dei tempi stabili? Il retaggio culturale spinge a pensare sempre in modo lineare. E quando le convenzioni sociali vengono scardinate, partono le polemiche.
Attenzione. Questo non vuol dire che il percorso di Carlotta Rossignoli o di Nicola Vernola siano un modello da seguire. I modelli sono proiezioni che nascono dalle proprie attitudini. Non hanno nulla a che fare con quello che la società o i media ci propinano.
Quando si ha consapevolezza di chi e di come si vuol essere, non si vivono con angoscia i traguardi degli altri. Né si fanno confronti che distruggono il proprio Sé. Ognuno vive nel proprio tempo e nessuno ha il diritto di decidere che questo tempo sia troppo in ritardo o troppo in anticipo. Se Carlotta o Nicola si fossero laureati a 26 anni, di certo non sarebbero stati meno meritevoli.
Il merito non è legato al tempo che si impiega nel perseguire determinati obiettivi. Piuttosto è legato alla competenza, alla determinazione, al coraggio di osare.
La vita non è certo una gara a chi è il più bravo o il più veloce. E se il caso di Carlotta Rossignoli a qualcuno fa pensare di subire un’ingiustizia, c’è un errore di interpretazione di fondo.
Semplicemente perché i vestiti che indossa Carlotta, i post che pubblica e i viaggi che fa, non delegittimano la laurea che ha conseguito. Né tolgono valore a nessun’altra persona.
Emanuela Mostrato
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