Ottobre 8, 2024
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Investire milioni di dollari per cancellare le crudeltà e le violazioni dei diritti civili. È il piano messo in atto da Mohammed bin Salman  attraverso un sistematico sportwashing, col quale l’Arabia Saudita  cerca di ripulirsi l’immagine a suon di dollari.

Sportwashing, Pinkwashing e Greenwashing

Tre aggettivi che descrivono la volontà di un paese o di una società commerciale, di utilizzare tematiche quali sport, diritti lgbtq+ o tutela dell’ambiente, per vendere prodotti o rifarsi l’immagine agli occhi del mondo.

Con questo sistema si cerca di distogliere l’attenzione su chi utilizza queste tematiche per promuovere eventi o sponsorizzare prodotti. Si è visto infatti come molti gadget per il Pride venduti in tutto il mondo siano prodotti in Cina, uno dei tanti paesi repressivi nei confronti dell’omosessualità.

Sportwashing, come l’Arabia Saudita cerca di ripulirsi l’immagine a suon di dollari

Nel caso dell’Arabia Saudita, che non brilla certo per virtù sui diritti umani, omosessuali e delle donne, lo Sportwashing è sembrato il giusto compromesso. Scegliere di appoggiare la causa ecologista sarebbe stato un passo falso per un paese che ha distrutto tutto ciò che di naturale ha per costruire sfarzosi Skyline. Fuori discussione anche i diritti lgbtq+ o l’emancipazione femminile, visto che in Arabia Saudita vige ancora la legge che una donna senza il consenso di un uomo non può neanche prendere la patente, e gli omosessuali e trans non sono nemmeno considerati esseri umani. Come convincere allora gli investitori stranieri? Con l’unica risorsa rimasta in grado di mettere tutti d’accordo e lavare parecchie coscienze : lo sport.

Sportwashing, L’Arabia Saudita punta sul calcio

Dopotutto bisogna ammettere che di fronte al calcio si chiude spesso un occhio, se non tutti e due, principalmente perché c’è un giro di investimenti che fa gola agli addetti ai lavori, e sognare i tifosi.

Dopo ingaggi favolosi a suon di milioni che hanno visto coinvolti Neymar, Cristiano Ronaldo ed anche l’ex CT dell’Italia Roberto Mancini, il regno Saudita ha proseguito con l’acquisizione del NewCastle, e c’è chi dice che abbia fatto un’offerta per la Fiorentina. Ma sembra non finire qui.  L’intento è quello di prendersi a poco a poco tutto lo sport mondiale, dalla F1 al golf, dal cricket allo sci (chissà com’è sciare sul deserto).

Un giro d’affari milionario finanziato dal PIF (Public Investivent Fund), fondo cassa senza fine, che negli anni ha contribuito alla crescita Saudita. Peccato però che quei soldi siano sporchi di sangue.

Attraverso il PIF-istituito nel 1971 per la gestione delle risorse petrolifere- l’Arabia Saudita sta comprando tutto, anche il nostro quotidiano. Ha quote azionarie di Amazon, PayPal, Zoom, Electronic Arts e Lucid.

Associazioni umanitarie come Amnesty International puntano il dito contro l’uso dei fondi del PIF per finanziare la costruzione di missili, come nel caso della crisi umanitaria nello Yemen.

Un’inchiesta di Report, ha analizzato come anche l’italia sia invischiata nel rifornimento missilistico alle forze Saudite.

Nell’allora Governo Renzi, col quale bin Salman ha stretto una prolifica collaborazione, la maggior parte dei missili caduti sulle case degli yemeniti è prodotta in Sardegna. E ancora, in vista dei mondiali 2030, bin Salman tenta di coinvolgere l’Italia in una candidatura a tre con l’Egitto. Al governo questa volta c’è Giuseppe Conte, che vista anche la situazione tra Italia ed Egitto in seguito al caso di Giulio Regeni, ritiene opportuno declinare l’offerta. Ma l’Arabia non si scoraggia facilmente, e prova comunque la candidatura ad EXPO 2030, con l’avveniristico “Saudi Vision 2030”. In tutto questo c’è anche il tempo per sponsorizzare la Roma calcio, con un investimento di circa 30 milioni di dollari.

Ma non è finita qui. Nel 2021 Joe Biden ha declassificato documenti segreti dell FBI svelando che 15 dei 19 dirottatori delle Twin Towers provengono dall’Arabia Saudita. In questi vent’anni dall’attentato dell’11 Settembre si è detto più volte che gli attentatori fossero dei cani sciolti analfabeti e invasati, in realtà sono stati portati in America ed istruiti sull’attentato con i fondi del PIF.

Stando al report di Human Rights watch del 2023, la forte repressione di Mohammed bin Salman mette costantemente a rischio i diritti dei dissidenti presenti seppur ancora in piccola parte in Arabia Saudita. Repressione che passa dall’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista di idee progressiste assassinato nel 2018, alla carcerazione di Salma al- Shehab, attivista per i diritti delle donne, brutalmemte torturata in carcere. Crimini messi a tacere sotto montagne di dollari sporchi di sangue, usati per costruire stadi nei quali giocano le squadre di calcio di tutto il mondo.

Paola Aufiero

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