Il premio Nobel 2023 per la pace va all’attivista e giornalista iraniana Narges Mohammadialla. Il premio alla 51enne per “la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran”. Nel 2022 il premio era andato ad Ales Bialiatski, attivista bielorusso, in carcere dal luglio 2021.
Ma chi è, il Nobel 2023, Narges Mohammadi?
Narges Mohammadi si erge con fierezza come una delle figure di spicco tra gli attivisti iraniani impegnati nella difesa dei diritti umani. La sua intransigente lotta, orientata verso l’abolizione della pena capitale e la promozione dei diritti femminili, trasmette il vigore di un grido di protesta nel complesso scenario politico dell’Iran.
Undici anni fa, il regime iraniano emetteva la sua prima sentenza: sei anni di prigione per Mohammadi
Tuttavia, la fragile salute della donna costringeva le autorità a rilasciarla. Nel maggio del 2015, Mohammadi veniva nuovamente trattenuta e condannata a dieci anni di reclusione, accusata di aver fondato un “gruppo clandestino”, oltre a cinque anni per la diffusione di “propaganda anti-sistema”. Gli organi di potere in Iran adducevano come prove delle sue colpe sia le interviste con i media internazionali, sia il suo incontro con l’Alta Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza nel 2014.
Uno dei suoi più recenti arresti risale al 2021, quando le forze di polizia iraniane la fermarono durante la partecipazione a una commemorazione in onore di un altro attivista iraniano, caduto per mano delle forze di sicurezza nel 2019.
In totale, Narges Mohammadi è stata oggetto di ben tredici arresti e ha subìto condanne che cumulano trentuno anni di prigionia
In questi anni, le sue condizioni di salute si sono gravemente deteriorate a causa di un’embolia polmonare e un disturbo neurologico, necessitando di cure mediche urgenti, spesso negatele. Nel febbraio del 2022, le autorità carcerarie attendevano con cinismo che subisse una serie di gravi attacchi cardiaci prima di consentirle l’accesso alle cure ospedaliere.
Nonostante il contesto ostile, Mohammadi non ha mai smesso di combattere per i diritti umani. Dalla prigione, ha costantemente manifestato il suo sostegno ai manifestanti iraniani che nelle strade delle città iraniane gridavano “Donna, vita, libertà”. In risposta, le autorità carcerarie hanno imposto restrizioni ancor più ferree, privandola di chiamate e visite.
Un momento di particolare impatto è stato il primo anniversario dell’omicidio di Mahsa Jina Amini, in cui il New York Times ha diffuso un messaggio clandestino di Narges Mohammadi. Il suo messaggio, chiaro e incisivo, echeggiava: “Più ci imprigionano, più diventiamo forti.”
Narges Mohammadi incarna la feroce determinazione e il coraggio degli attivisti per i diritti umani in Iran, una voce irrefrenabile che non si piega di fronte alle avversità e che rappresenta una testimonianza viva della lotta per la giustizia e la libertà in un Iran politicamente turbolento.
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