Marzo 19, 2024
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Ha generato come la solito grande dibattito il “Fuck Putin”: l’urlo di Damiano dei Maneskin sul palco del festival Coachella in California. Una presa di posizione netta. Per alcuni (soprattutto i cosidetti boomer) deplorevole e paracula, per molti il grido che intere generazioni avrebbero voluto urlare al despota russo.

Il Free Ukrain, fuck Putin dei Maneskin ha infatidito una intera generazione

quella dei boomer, e in particolare quello che da no va sono diventati no pax e oggi simpatizzano per Putin, inneggiando a un pensiero unico e al gregge, a quel mainstream che però viene messo in dubbio dalla loro stessa esistenza.

Come si può, infatti, parlare di pensiero unico se a ogni post legato all’Ucraina accorrono a centinaia ad affermare che “eh però il donmbass”. “Eh ma il battaglione Azov”. “Ma la Nato”, “eh ma bisogna essere neutrali”… e così via con una serie di post tutti uguali, tutti identici. Spesso sgrammaricati e guarda caso tutti provenienti da una certa generazione che pare non essere in grado di comprendere i cambiamenti della società e soprattutto non in grando di comprendere l’uso dei social.

Facevano cosa buona e giusta a restare neutrali

ecco l’accusa che viene rivolta loro. “Aspettiamo di scoprire la verità” o ancora i soliti insuliti: leccaculi, senza talento, scarsoni, copioni dei led zeppelin, servi, marionette, asserviti al pensiero unico, la musica deve restare a politica. Fino ad arrivare agli imancabili insulti sessisti a Victoria De Angelis bassista e leader della band. Ma cosa c’è dietro a tale indigniazione? I Maneskin non hanno forse il diritto di potersi schierare e urlare dal proprio palco il proprio pensiero? Cosa si cela dietro questo “potevano limitarsi a dire NO WAR”.

Ecco è proprio nel termine “limitarsi” che troviamo il primo indizio del perchè i del perché i no vax sono diventati filo Putin

Uno sguardo sui canali Telegram o Facebook (Info Nesh, Basta Dittatura, Giù la Mascherina) conferma tale esodo. Non mi riferisco ovviamente a chi ha sollevato serie e motivate obiezioni alla campagna vaccinale di massa, o a chi ritiene l’aggressione all’Ucraina un fatto sanguinario ma evitabile alla luce di condizioni geopolitiche cinicamente attuali. Queste sono opinioni discutibili o meno ma che rientrano in logiche lontane dai deliri assolutisti.

La fetta di popolazione protagonista di questa migrazione è costituita da gruppii che, acriticamente, fanno dell’assenza di una qualsivoglia attenzione alle dinamiche socio-politiche pregresse la loro cifra, riparandosi dietro monolitici assunti quali: “Con Putin senza se e senza ma”, oppure “Solo Putin difenderà l’Occidente”.

Da qui preferiscono una generico e limitante NO WAR a un prendere posizione. Ma attenzione non in maniera faziosa come se fosse tifo da stadio. Semplicemente mettendo un paletto ben preciso: esiste una nazione invasa e una che invade, e non si può chiedere a chi si difende di fermare la guerra o peggio di arrendersi. Questa richiesta all’aggressore.

La psicoanalisi insegna: ciò che induce alla migrazione tra queste due sponde è il bisogno di un assoluto

L’assoluto dispensa dal pensare, dall’indagare le questioni profonde alla base dei fenomeni sociali, cosa che per molti individui comporterebbe ad una seria messa in discussione delle loro fragili certezze. La costruzione paranoica di un nemico, vero o fittizio che sia, è alla base della tenuta mentale di soggetti i quali, senza il male alle porte, andrebbero incontro ad un disequilibrio.

Appare evidente che il delirio, anche quello paranoico, è un rimedio alla psicosi, una toppa per vivere meno peggio rispetto ad una andatura tremolante e scompensata. Oggi che il Covid perde potenza, anche le teorie cospirazioniste diminuiscono in attrattiva. Dunque, per molti, meglio spostarsi su altri fronti fortemente bipolarizzati. Dove trovare un assoluto ben individuabile al quale affidarsi, confidando in un suo salvifico potere difensivo.

La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima

Questo è il retropensiero che si cela dietro chi cerca sempre una posizione equidistante: aspettiamo di avere tutte le informazioni, aspettiamo di avere le prove, dobbiamo capire le motivazioni che hanno portato al conflitto.

Eppure dovrebbe essere evidente che se resti neutrale in una situazione di ingiustizia, hai scelto la parte dell’oppressore. Per questo motivo i Maneskin non vanno criticati. Così come vanno apprezzati Waters o Gilmour e i tanti artisti che hanno scelto di non essere neutrali riconoscendo un principio semplice che si basa sul diritto internazionale: esiste un paese che è stato invaso e una nazione che ha commesso un’aggressione.

Il resto delle parole stanno a zero. Punto.

Giovanni Scafoglio

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