A fine marzo il governo di Shangai ha assicurato che non ci sarebbe stato più alcun lockdown poiché la città, la più grande e frenetica della Cina, non avrebbe potuto permetterselo. Due mesi dopo, però, la città venne messa sotto un severo lockdown, diventando, ancora una volta, una città fantasma. Solo da qualche settimana le persone hanno potuto piano piano uscire di nuovo.
Il governo cinese vuole cercare di eliminare il virus totalmente attraverso questi severissimi lockdown, invece che considerarlo endemico come il resto del mondo.
Ed proprio questo su cui basa la loro politica zero-covid. Qualora un condominio avesse un caso di covid, tutto il condominio è obbligato a fare 14 giorni di lockdown. Se un complesso di appartamenti ha un solo caso, tutti i residenti del complesso devono rimanere strettamente in casa per 14 giorni. Se un singolo distretto ha un caso di covid, le persone di quel distretto devono rimanere all interno di esso per sette giorni. Nel caso non ci siano positivi all interno del proprio distretto si può circolare liberamente.
In ogni caso, la o le persona/e positive vengono tolte dai propri appartamenti e messe nei centri di quarantena.
Le persone in Cina vivono questo tipo di lockdown in modo molto stressante e nella paura. Nella paura che la polizia o i volontari, vestiti interamente di bianco, li portino via dalle loro case e che li segreghino nelle strutture di quarantena centrali. Un paese che prima non aveva quasi alcuna forma di restrizione è passato ad avere una dei lockdown più severi in assoluto.
L’odio e gli attacchi verso le persone sono aumentati. Al tempo stesso, fortunatamente, ci sono moltissimi volontari e persone che aiutano e fanno quello che possono per dare il loro contributo e rendere meno stressante la situazione.
La reporter freelance Mei Pickart, che vive a Shangai ormai da qualche anno, scrive, in un articolo del New York Times, di aver notato una cosa importante. In questo caotico periodo storico, le persone in Cina si sono rese conto che hanno perso tante cose. Non solamente il loro lavoro, i loro amici, la socialità… ma hanno proprio perso la fiducia nel proprio paese.
La severa politica dello zero-covid sta facendo aprire gli occhi a tantissimi cinesi
Banalmente, già all’inizio di questo lockdown le persone erano ancora più fiduciose, energiche e ottimiste. Ed è stato così per moltissimi anni. Anni fa la Cina era considerata uno dei paesi ideali dove vivere. I giovani cinesi erano aperti, dinamici e avevano una forte fiducia nel progresso del proprio paese. Sotto Xi Jinping miravano a raggiungere il cosiddetto “sogno cinese“, per questo moltissimi cinesi, ormai trasferitisi all’estero (soprattutto negli Stati Uniti) sono tornarti a casa, perché vedevano qui una nuova opportunità.
La Cine vide come un grande successo anche l’avvento e la momentanea “sconfitta” del covid.
A differenza di altri paesi, la Cina ha da subito attuato una politica che è servita a salvare molte vite e, allo stesso momento, ha tenuto al sicuro tantissime persone, anche se attraverso misure drastiche.
Ma ora, dopo la comparsa della variante Omicron, anche se più contagiosa ma apparentemente meno letale, un lockdown come questo sembra aver causato più danni che benefici.
Molte famiglie si sono ritrovate senza lavoro e con scarsità di cibo. La polizia ha portato in isolamento anche persone asintomatiche e le hanno, così, separate dalle famiglie. Le case e gli appartamenti venivano disinfettati di continuo. Alcune volte, sopprimevano, addirittura, gli animali domestici, perché sospetti di avere loro il virus, anche se ormai, da quello che si è capito, i cani e i gatti dovrebbero essere immuni al covid.
Durante questo lockdown, non è stato il covid a causare la maggior parte delle morti, bensì altre malattie non curate in tempo o suicidi.
E davanti a tutto questo sentirsi anche dire dal capo di stato “bisogna mettere la vita delle persone prima di ogni altra cosa” sembra uno scherzo di cattivo gusto. La gente si sente presa in giro. E ora iniziano a rendersene conto.
Le persone a Shangai e in altre città hanno iniziato a protestare. I cinesi hanno iniziato a guardare la Cina con occhi diversi. Hanno incominciato a prendere in considerazione e a notare più seriamente gli aspetti sbagliati del paese, soprattutto nel governo, nella censura, nella vigilanza estrema e, da una parte, anche nel rallentamento dell’economia interna, la quale rappresenta una grossa preoccupazione per chi ultimamente ha perso il lavoro e anche per chi, invece, lo cerca.
E questo ultimo lockdown sembra aver amplificato tutti questi problemi.
La nuova generazione cinese è stata fortemente sconvolta e impressionata dal regime di questo paese. Molti hanno perso le speranze, non vanno neanche più a votare. Sembra quasi di essere tornati nell’era della Rivoluzione Culturale, dove Mao Zedong scatenò il caos in Cina, dando il potere in mano a politici radicali e dittatoriali.
Questo senso di regressione continua a far scappare le persone. E quelle poche che rimarranno continueranno a vivere con un sentimento di sconfitta e sfiducia nei confronti del proprio paese.
Alexa Panno
Leggi anche
Diversità e inclusione all’interno delle organizzazioni
Le armi e il grosso problema negli USA
Zelensky vs Putin: strategie di comunicazione a confronto – Putin