Maggio 5, 2024
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La musica, questo strumento antico quanto l’uomo, si è sempre fatta carico della memoria, della Resistenza in questo caso. Il 25 aprile è costantemente simbolo del sacrificio per la libertà. Le canzoni che presento sono non solo melodie, ma testimonianze vive, sospiri di quelle anime che non hanno accettato l’oppressione. Ogni nota risuona come un grido di ribellione da un passato che non passa, un imperativo a non dimenticare, a non cedere. Ecco dieci canzoni per il 25 aprile che non sono la solita Bella Ciao, la cui vera storia racconterò il primo maggio.

Il 25 aprile, quindi, non è solo una data, ma il simbolo di una libertà sempre da conquistare, un richiamo incessante all’essere veramente liberi, nel profondo delle nostre quotidiane esistenze

Ascoltare queste dieci canzoni per il 25 aprile significa attraversare un ponte di note sul quale marciare ancora insieme, con la ferma volontà di resistere ogni giorno alla banalità del male moderno, alla tentazione dell’indifferenza.

1. Compagna Teresa – Il Teatro degli Orrori (2007)

“Compagna Teresa” del Teatro degli Orrori evoca il ricordo di Teresa Noce, figura emblematica della lotta antifascista e della difesa dei diritti delle donne. Attraverso un suono crudo e diretto, tipico del punk rock, la band rinnova l’eco di battaglie passate, sfidando l’apatia contemporanea verso le questioni di giustizia sociale. La canzone serve come ponte tra le generazioni, un richiamo a non dimenticare le lezioni del passato nella lotta contro le disuguaglianze odierne, mantenendo vivo il dialogo tra storia e modernità.

2. Linea Gotica – C.S.I. (1996)

La canzone “Linea Gotica” dei C.S.I., gruppo noto per il suo impegno critico e riflessivo, evoca uno dei momenti più tesi e sanguinosi della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Attraverso il loro sound post-punk e testi densi di metafore, la band traccia un parallelo tra le ferite del passato e le cicatrici del presente, suggerendo come le divisioni storiche continuino a risuonare nelle dinamiche sociali contemporanee. Questo brano esprime il dolore e la complessità della memoria, invitando l’ascoltatore a riflettere su come la storia influenzi ancora oggi le identità collettive e individuali.

La “Linea Gotica” fu una linea difensiva durante la guerra, e la canzone utilizza questa immagine per parlare di confini — non solo geografici ma anche umani e etici — che ancora oggi ci dividono o ci definiscono.

3. Il cuoco di Salò – Francesco De Gregori (1978)

“Il cuoco di Salò” di Francesco De Gregori è una canzone che esplora le sfumature morali e le complessità della storia italiana durante il regime di Salò, l’ultimo baluardo del fascismo in Italia. Con il suo stile lirico e narrativo, De Gregori non si limita a dipingere un quadro manicheo del bene contro il male, ma piuttosto delinea le contraddizioni e le ambiguità di chi, come il cuoco, si trovava a servire i potenti pur vivendo in un contesto di oppressione e paura.

Il brano riflette su come la banalità del quotidiano possa coesistere con momenti storici di grande tragedia, e su come le piccole scelte personali si intreccino con la grande storia. De Gregori, con la sua abilità di cantastorie, invita gli ascoltatori a guardare oltre il giudizio immediato, esplorando le zone grigie dell’animo umano in tempi di crisi.

4. L’unica superstite – Modena City Ramblers (1996)

“L’unica superstite” dei Modena City Ramblers è un potente omaggio alla resistenza e alla resilienza. La canzone racconta la storia di una donna, ultima superstite di un massacro durante la guerra, che diventa simbolo di sopravvivenza e memoria collettiva. Con il loro stile folk-rock contaminato da influenze celtiche e balcaniche, i Modena City Ramblers sottolineano l’importanza del ricordo e della narrazione storica attraverso la musica.

Questa traccia, oltre a rendere omaggio alla forza dell’individuo di fronte alle atrocità della guerra, funge da ponte tra le generazioni, mantenendo viva la memoria degli eventi che hanno segnato profondamente la storia italiana. “L’unica superstite” è un invito a non dimenticare, a riconoscere il dolore e il coraggio che la storia spesso cela, e a portare avanti il racconto di chi non può più raccontare.

5. Hanno crocefisso Giovanni” – Marlene Kuntz (1996)

La canzone “Hanno crocefisso Giovanni” dei Marlene Kuntz è un intensa riflessione sul martirio e il sacrificio personale, attraverso la figura di Giovanni, una metafora del soggetto perseguitato e vittimizzato dalle ingiustizie della società. La band, nota per il suo stile post-punk e noise rock, usa la musica come strumento di critica e denuncia, ponendo domande profonde sull’umana condizione e sulla responsabilità collettiva di fronte al dolore altrui.

Con un approccio diretto e senza compromessi, “Hanno crocefisso Giovanni” sfida l’ascoltatore a confrontarsi con le proprie convinzioni e pregiudizi, sollecitando una riflessione su come le figure come Giovanni siano spesso sacrificate sull’altare delle convenienze sociali e politiche. Il brano esorta a non ignorare le vittime della storia e a combattere per un mondo più giusto e compassionevole.

6. Suona Rosamunda – Vinicio Capossela (1994)

“Suona Rosamunda” di Vinicio Capossela riflette sul potere della musica di evocare emozioni contrastanti, ispirandosi direttamente alla descrizione di Primo Levi di un’orchestra che suona la polka “Rosamunde” in un campo di concentramento. Capossela cattura la stessa straziante ironia rivelata da Levi: una melodia allegra che risuona in un luogo di morte e disperazione, un inquietante contrasto tra la leggerezza della musica e la gravità del contesto in cui viene suonata. La canzone si propone come meditazione sulla capacità della musica di mascherare e allo stesso tempo rivelare la verità, diventando un simbolo potente della dissonanza tra apparenza e realtà.

7. Quel giorno d’aprile – Francesco Guccini (2012)

“Quel giorno d’aprile” di Francesco Guccini è un tributo riflessivo e commovente al 25 aprile, giorno della liberazione d’Italia dal fascismo. Guccini, con la sua abilità di narratore, intreccia la storia personale con quella collettiva, evocando il sentimento di speranza e rinnovamento che quel giorno rappresenta. La canzone celebra non solo un momento storico, ma anche il continuo impatto della Resistenza nella coscienza italiana, riflettendo sulle libertà conquistate e su quelle che ancora si devono difendere.

Il brano è un invito a non dimenticare le lezioni del passato, sottolineando l’importanza di ricordare e onorare coloro che hanno lottato per i principi di giustizia e libertà. Guccini utilizza la musica per mantenere viva la memoria, riaffermando che la storia di quel giorno d’aprile deve continuare a ispirare e guidare le future generazioni nella loro lotta per un mondo migliore.

8. Siamo i ribelli della montagna – Ustmamò (1991)

“Siamo i ribelli della montagna” degli Ustmamò è una canzone che si inserisce nel filone del rock alternativo italiano degli anni ’90, attingendo alla tradizione delle canzoni partigiane italiane. La band canta della resistenza e del coraggio dei partigiani che combatterono nelle montagne italiane contro il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Con un sound energico e testi diretti, Ustmamò rievoca lo spirito di lotta e la determinazione di quei giovani uomini e donne che, nonostante la disparità di mezzi, scelsero di opporsi all’oppressione.

La canzone celebra la resilienza e il sacrificio dei partigiani, esortando a non dimenticare il valore della resistenza e la necessità di continuare a lottare per la libertà e la giustizia. Ustmamò, attraverso la loro musica, trasmette un messaggio di ribellione e speranza, sottolineando l’importanza di mantenere vivo il ricordo delle gesta eroiche di questi ribelli, come fonte d’ispirazione per le nuove generazioni.

9 e 10 – La guerra di Piero e Fiume Sand Creek

Fabrizio De André non ha scritto canzoni specificamente dedicate alla Liberazione o ai partigiani nel senso stretto e diretto di canti di resistenza. Tuttavia, molti dei suoi brani riflettono temi di resistenza, ingiustizia e ribellione contro le autorità opprimenti, in linea con lo spirito della Resistenza.

Un esempio emblematico è “La guerra di Piero” dall’album “Tutti morimmo a stento” del 1968. Questa canzone non parla direttamente della Resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, ma racconta la storia di un soldato, Piero, che riflette sul senso della guerra, sull’umanità dell’ “nemico” e sulla fatalità del conflitto. Anche se il brano non si riferisce specificamente ai partigiani, tocca comunque tematiche di conflitto, morte e resistenza morale agli ordini inumani.

Un’altra canzone che potrebbe essere vista in una luce simile è “Fiume Sand Creek” dall’album “Crêuza de mä” del 1984, che racconta il massacro dei Nativi Americani in Colorado nel 1864, esplorando temi di ingiustizia e resistenza contro l’oppressione, paralleli a quelli della lotta partigiana.

Questo invece il passo del romanzo testimonianza di Primo Levi “Se questo è un uomo” cui la ‎canzone Suona Rosamunda fa riferimento, degna conclusione di queste dieci canzoni per il 25 aprile

“[…] ci mettono ancora una volta in fila, ci conducono in un vasto piazzale ‎che occupa il centro del campo, e ci dispongono meticolosamente inquadrati. Poi non accade più ‎nulla per un’altra ora: sembra che si aspetti qualcuno.‎
Una fanfara incomincia a suonare, accanto alla porta del campo: suona Rosamunda, la ‎ben nota canzonetta sentimentale, e questo ci appare talmente strano che ci guardiamo l’un l’altro ‎sogghignando; nasce in noi un’ombra di sollievo, forse tutte queste cerimonie non costituiscono che ‎una colossale buffonata di gusto teutonico. Ma la fanfara, finita Rosamunda, continua a ‎suonare altre marce, una dopo l’altra, ed ecco apparire i drappelli dei nostri compagni, che ritornano ‎dal lavoro. Camminano in colonna per cinque: camminano con un’andatura strana, innaturale, dura, ‎come fantocci rigidi fatti solo di ossa: ma camminano seguendo scrupolosamente il tempo della ‎fanfara.”

Giovanni Scafoglio

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