La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza destinando a fare giurisprudenza: il rimpatrio forzato dei migranti in Libia è un reato. Un giudizio che solleva interrogativi critici sugli accordi migratori tra il governo italiano e la Libia. E’ diventata definitiva la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28 che, a luglio del 2018, prese a bordo 101 migranti arrivati su un gommone nei pressi di una piattaforma petrolifera e li riportò in Libia consegnandoli alla Guardia costiera di Tripoli. Di fatto per la cassazione, il rimpatrio forzato dei migranti in Libia è reato.
Il rimpatrio forzato dei migranti in Libia è reato: i dettagli
La sentenza relativa al caso del rimorchiatore Asso 28, emessa dal Tribunale di Napoli il 13 ottobre 2021, rappresenta un importante precedente legale. Ciò nel contesto della gestione dei migranti nel Mediterraneo. Il comandante della nave, operante per la compagnia Augusta Offshore, è stato condannato per aver riportato in Libia oltre cento persone soccorse in mare il 30 luglio 2018. Questo atto è stato giudicato in violazione del principio di non-refoulement, che proibisce il rimpatrio di individui in paesi dove rischiano persecuzioni, tortura, o gravi danni.
Le accuse sono state mosse alla luce dei principi del diritto internazionale
In particolare il principio di non-refoulement, che proibisce il rimpatrio di individui in paesi in cui potrebbero subire persecuzioni o maltrattamenti. La condanna riflette la gravità delle violazioni commesse. Stabilisce, inoltre, un precedente legale importante, sottolineando che la Libia non può essere considerata un porto sicuro per il rimpatrio dei migranti.
Questa sentenza mette in discussione gli accordi stabiliti tra il governo italiano e quello libico. Essi prevedevano, tra le altre cose, il supporto alla Guardia Costiera libica per intercettare i migranti in mare e riportarli in Libia. La decisione della Cassazione evidenzia la necessità di rivedere tali accordi alla luce dei diritti umani e delle leggi internazionali.
Un nuovo capitolo per i diritti dei profughi
La sentenza apre la strada a un nuovo approccio nella gestione dei flussi migratori. E’ evidente il richiamo a una maggiore attenzione ai diritti umani e alla protezione dei migranti. È un chiaro segnale per il governo italiano e per l’Unione Europea. Un invito a trovare soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per i migranti, evitando di esporli a ulteriori pericoli.
Inoltre, la decisione sollecita un dialogo più ampio sulla responsabilità condivisa nel gestire la migrazione. Sottoline l’importanza di cooperare non solo per la sicurezza delle frontiere, ma anche per il rispetto dei diritti fondamentali delle persone in movimento.
L’impatto di questa sentenza va oltre il caso specifico, invitando a una riflessione profonda sulle politiche migratorie e sul loro allineamento con gli obblighi internazionali in materia di diritti umani. La strada da seguire richiederà impegno, dialogo e un cambio di paradigma che ponga al centro la persona e la sua protezione, in linea con i valori fondamentali su cui si fonda l’Unione Europea.
Ginevra Leone
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