Le donne in Italia registrano un livello di istruzione superiore a quello degli uomini. Questa maggioranza però, diviene minoranza quando si tratta di trattamenti nel mondo del lavoro. La discriminazione di genere sul posto di lavoro è ancora troppo impattante, tanto che le donne lungo il corso della loro carriera devono far fronte a barriere, stereotipi e pregiudizi. Ciò accade soprattutto nelle cosiddette organizzazione sessuate, ovvero realtà aziendali in cui domina una cultura di genere. Queste organizzazioni dovrebbero investire in un cambiamento culturale, al fine di promuovere un atteggiamento inclusivo ed egualitario.
Inutile cercare colpevoli. Serve porsi come obiettivo il raggiungimento della parità di genere
Sicuramente le cause della discriminazione di genere sul posto di lavoro sono da attribuire a fattori sociali e culturali. Questi fattori però, tendono a giustificare la mancata ridefinizione degli assetti organizzativi. “Tanto è sempre stato così”. Un modo di pensare che porta a rinviare delle trasformazioni che sono essenziali per raggiungere la parità di genere. Bisognerebbe superare certi retaggi culturali e attraversare il cambiamento dal basso.
Nel testo “Leadership inclusiva”, l’autore Andrea Notarnicola scrive:
“Per promuovere la parità di genere non è utile assumere un atteggiamento di colpevolizzazione degli uomini. Generare una competizione o un conflitto tra uomini e donne è infruttuoso” .
Ciò che invece è fruttuoso, secondo l’autore, è lavorare sulla ridefinizione del modello di leadership delle imprese. Questo vuol dire fare in modo che uomini e donne possano godere delle stesse opportunità e degli stessi benefici. Fatto a quanto pare ancora molto lontano dalla realtà. Ne è la dimostrazione uno studio condotto da TechCrunch Disrupt sulle interazioni di domande e risposte tra venture capitalist e imprenditori. TechCrunch Disrupt è una fiera annuale dedicata al settore delle start-up tecnologiche.
Discriminazione di genere sul finanziamento di nuove aziende
Questo studio ha rilevato che i venture capitalist hanno posto diversi tipi di domande agli imprenditori uomini rispetto alle imprenditrici. Da ciò ne consegue che le start-up guidate da uomini hanno registrato cinque volte più finanziamenti rispetto a quelle promosse da donne. Un dato che sottolinea l’atteggiamento di sfiducia nei confronti delle donne. Un continuo e ingiustificato tentativo di contenere le loro potenzialità.
Dati e ricerche dimostrano che nei riguardi dell’uomo vi è un orientamento all’elogio e alla promozione. Mentre, verso le donne prevale un orientamento che le fa sentire sempre sotto esame. Come se dovessero dimostrare continuamente di essere brave e competenti. Se lo dimostrano, allora meritano la promozione. Altrimenti no.
E anche se danno prova di essere competenti, le differenze negli avanzamenti di carriera e nei trattamenti economici persistono. Le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini. E hanno meno possibilità di ricoprire ruoli manageriali.
Alla donna è affibbiata la figura di madre lavoratrice. Perché non si parla quasi mai del padre lavoratore?
È sempre la donna a dovere essere sottoposta a controlli rigidi e a doveri che tra l’altro spettano anche all’uomo. In egual misura.
“Non ha senso parlare di obiettivi di parità di genere se non si decostruisce l’abitudine di assegnare agli uomini ruoli in crescita che non hanno mai interpretato […]” (Andrea Notarnicola, Leadership inclusiva).
A proposito di decostruire queste retrograde abitudini, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha introdotto il principio della parità di genere. Le misure previste dal PNRR hanno l’obiettivo di favorire una maggiore partecipazione delle donne nel mondo del lavoro. Si tratta di un percorso che attraverso elementi economici e sanzionatori mira ad abbattere le disparità tra uomini e donne.
È stata introdotta infatti la legge n. 162/202, la quale prevede la Certificazione della parità di genere sul posto di lavoro per le aziende con più di 50 dipendenti. L’obiettivo è quello di abbattere il divario retributivo di genere. L’ottenimento di questa certificazione comporta vari vantaggi, come sgravi contributivi e un alto punteggio nei bandi di gara.
A questa iniziativa – inserita dal Governo nel PNRR – sono stati destinati 10 milioni di euro.
Questa certificazione è l’esempio che ridefinire la leadership delle organizzazioni è possibile.
Ma bisogna volerlo e impegnarsi affinché la propria impresa sia sostenibile, inclusiva ed egualitaria.
Emanuela Mostrato