L’America profonda, quella descritta nel film “Il Cacciatore” di Michael Cimino, è un terreno fertile per esplorare le radici dell’elettorato che ha sostenuto figure come Donald Trump. Il film, che ha recentemente celebrato il suo 45esimo anniversario con una versione restaurata in 4K, parla di una generazione perduta, di uomini che tornano dal Vietnam irrimediabilmente cambiati, incapaci di riconoscersi in una patria che sembra averli dimenticati. E non è difficile vedere come questi temi risuonino in una parte dell’elettorato americano di oggi.
I protagonisti de Il Cacciatore sono operai di origine modesta della Rust Belt
il cuore industriale in declino dell’America, che hanno in comune la ricerca di un sogno americano che per molti si è infranto. La loro esperienza in Vietnam è una metafora delle battaglie quotidiane di chi si sente lasciato indietro dall’economia globalizzata, che guarda alla figura di Trump come simbolo di una riscossa contro l’abbandono percepito.
Nick, Steven e Michael, i personaggi centrali del film, incarnano la lotta per la sopravvivenza e l’identità, temi che risuonano con forza nell’America di oggi. Il loro ritorno a casa è segnato da una disillusione profonda, un parallelo con il disincanto che ha mosso parte dell’elettorato di Trump, unito dalla sensazione di essere stati traditi da un sistema che non li rappresenta più.
La roulette russa che i protagonisti sono costretti a giocare come prigionieri di guerra è un simbolo potente del senso di impotenza e della ricerca di adrenalina in una vita priva di significato, sensazioni che trovano eco in una società dove molti si sentono impotenti di fronte ai cambiamenti economici e culturali.
“Il Cacciatore” mostra l’America come una nazione di contrasti, divisa tra le promesse di prosperità e le realtà di guerra e declino
Questa è l’America che ha visto sorgere figure politiche come Trump, che ha fatto appello a quel senso di abbandono, promettendo di ristabilire un ordine perduto e di dare voce a chi si sente inascoltato.
Eppure, il film non offre soluzioni semplicistiche. La sua grandezza sta nell’essere una narrazione complessa e multistrato, proprio come la realtà socio-politica che esso indirettamente rappresenta. “Il Cacciatore” e l’elettorato di Trump condividono una nostalgia per un passato idealizzato e una lotta per ritrovare un senso di comunità in un mondo che sembra andare avanti senza di loro.
Come il film, anche l’attuale clima politico americano riflette le tensioni di una nazione in cerca di identità e direzione. La figura di Trump, con la sua retorica e le sue politiche, ha trovato risonanza in quelle aree del paese dove l’eco del cacciatore riecheggia ancora forte, in un’America che, a distanza di decenni, continua a cercare il proprio finale di pace.
Ginevra Leone
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