Nel mio ultimo articolo ho scritto una frase che non ho avuto modo di argomentare come avrei desiderato: “se fa solo soffrire non è amore”.
Non era mia intenzione scrivere qualcosa a riguardo, ma mi sono resa conto che la questione pregava di essere trattata.
Quando poi l’ennesima notizia di una giovane donna uccisa è passata in televisione, ho capito che desideravo davvero mettere nero su bianco la mia opinione.
Per comprendere bene di cosa parliamo, per comprendere il mondo là fuori cosa intende quando trattiamo questo argomento, è necessario partire da qualche definizione.
Cos’è il femminicidio?
Il termine è stato usato per la prima volta da Diana Russell nel libro Femicide: The Politics of woman killing.
Ella ivi afferma che “il concetto di femmicidio si estende al di là della definizione giuridica di assassinio ed include quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l’esito o la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine”.
In breve, il femminicidio si definirebbe come una violenza perpetrata da parte di un uomo contro una donna perché… donna.
Per tale motivo sono molte le persone ad adirarsi nel prendere in considerazione un’altra forma di violenza, quella subita dagli uomini.
Non perché meno importante, sia ben chiaro, ma perché numericamente inferiore e – diversamente dal femminicidio – non perpetrata nei confronti di un uomo solo perché uomo.
È raro sentir parlare di maschicidio. Si preferisce parlare, nel caso, di violenza contro gli uomini, intesa come il raggruppamento di vari fenomeni quali le violenze intrafamiliari, la violenza sessuale, la violenza di genere e gli abusi su minori.
Ma quali sono i numeri?
Secondo Vox, l’Osservatorio Italiano sui Diritti, dal 2000 al 2019 sono stati registrati 3.230 casi di femminicidi.
2.355 in ambito familiare; 1.564 per mano del coniuge.
Più in generale, il 64% delle donne sono uccise dal proprio partner.
Il restante 36% tiene conto degli uomini.
Nel 2017 sembrerebbe che i maschicidi siano stati più dei femminicidi: 133 contro 128.
E se parlassimo solo di violenza? Quali sarebbero i numeri?
Secondo l’Università di Siena ben 5 milioni di uomini hanno subíto, nel corso della loro vita, gli stessi tipi di violenza che subiscono le donne.
Per le donne abbiamo dati più precisi: il report della Polizia di Stato “Questo non è amore” parla di 88 vittime ogni giorno, quasi una donna ogni 15 minuti
I numeri sono relativi e non dovrebbero importare.
Un’affermazione forte e fuorviante la mia, ma pensateci: se fossero tre, in totale, le vittime giornaliere di violenza, potremmo negare l’esistenza del problema?
E se di quelle tre persone solo una fosse di sesso maschile, potremmo davvero affermare che la violenza sulle donne sia più rilevante di quella sugli uomini?
La violenza, di qualunque tipo essa sia, è un reato che va punito
Ho deciso di parlarne “numeri alla mano” proprio per giungere a questa conclusione. Deve importarci il perché, il come.
A volte la violenza si traveste da amore, ma “questo non è amore”. Le cause principali che si celano dietro atti così feroci sono soprattutto la gelosia e la possessività
Il primo è un sentimento, il secondo è un atteggiamento. Cosa hanno in comune? Sono subdoli. Si travestono da fedeli servitori di amore, ma non lo sono affatto.
Certo, dobbiamo sempre tener conto delle sfumature e delle intensità: la gelosia può essere, se blanda, accettabile.
Una scuola di pensiero del tutto diversa la riterrebbe, tuttavia, una proiezione della propria insicurezza… ma come dicevo prima si tratta di sfumature.
Il punto sta nel riconoscere gli eccessi.
Ci sono casi in cui la persona che subisce non si rende conto della realtà dei fatti e finisce con l’accettare tutto, proprio perché ama così tanto da non pensare con lucidità.
Potrebbe amare così tanto da non riconoscere dove finisca l’amore e dove inizi la violenza.
Le vittime non a caso hanno difficoltà ad ammettere che “no, quello non è amore”.
Per le donne esiste un numero telefonico specifico al quale è possibile rivolgersi: 1522.
Per gli uomini non c’è un corrispettivo, ma la denuncia è un’arma alla portata di tutti.
È difficile conoscersi, è ancora più difficile prevedere un cambiamento in senso negativo nel proprio partner.
Proprio per questo è importante riconoscere che “l’amore va ragionato“, e se qualche atteggiamento diventa inaccettabile, tutti hanno il diritto di aprire la porta e andare via.
Tutti hanno il diritto di chiedere aiuto e di riceverlo. Tutti hanno il diritto di prendere coraggio e allontanarsi da ciò che è tossico.
Tutti hanno il diritto di dire “No, questo non è amore”.
Maria Francesca Ruscitto
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