Maggio 2, 2024
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La Storia è ormai risaputa, ma la ricapitoliamo per coloro che fossero stati su marte nelle scorse settimane. Il profilo ufficiale TikTok della Società Sportiva Calcio Napoli ha condiviso un video che si inserisce perfettamente nella categoria del bullismo virtuale. Nel video, la vittima è Victor Osimhen, il calciatore nigeriano, preso di mira per un rigore sbagliato durante la partita contro il Bologna. In precedenza, era circolato un altro video in cui il bomber nigeriano veniva deriso con l’etichetta “coconut,” un termine derisorio che potrebbe sorprendere chi non conosce il suo significato. Ma ne parleremo più avanti. La domanda da porsi è: alla luce del video con protgonista Osimhen su TikTok, Napoli è razzista?

Osimhen è una noce di cocco

In passato, durante il movimento delle Black Panthers, questo epiteto rappresentava l’insulto più offensivo che un nero potesse rivolgere a un altro nero. Ed è così che viene definito il calciatore nigeriano: coconut. A seguito dell’ultimo episodio, e per il quale la società sportiva calcio Napoli non si è scusata, Osimhen ha rimosso il suo “like” nei confronti del club partenopeo e ha cancellato le immagini che lo ritraevano con la maglia del Napoli. Nel frattempo, il suo agente, Calenda, ha condannato quanto accaduto definendolo un “fatto grave” e sta valutando l’opportunità di intraprendere azioni legali.

In Italia, la stampa nazionale ha reagito con scetticismo e disprezzo all’accusa di razzismo rivolta alla Società Sportiva Calcio Napoli e alla città stessa. Alcuni commentatori hanno persino etichettato l’accusa come grottesca, calunniosa e ridicola. Victor Osimhen, la vittima delle azioni razziste, è stato definito “permaloso” e accusato di strumentalizzare il caso a suo vantaggio. In breve, sembra che la vittima sia stata trasformata in colpevole, un classico esempio di come si affrontino le situazioni di razzismo nel Bel Paese.

Questa reazione sorprendente si basa su un’idea preconcetta e pregiudiziale: quella che Napoli e i napoletani siano al di sopra di qualsiasi sospetto di razzismo. Nel frattempo, la stampa internazionale ha apertamente accusato la Società Sportiva Calcio Napoli di aver realizzato video razzisti, mettendo in evidenza la discrepanza tra la percezione nazionale e internazionale di questa controversia. Questo divario lampante solleva interrogativi importanti sul bisogno di affrontare il razzismo in tutte le sue sfaccettature, senza eccezioni o alibi basati su stereotipi territoriali.

Solidarietà dai Massive Attack

Il gruppo musicale Massive Attack, noto per il suo impegno sociale, ha espresso solidarietà a Victor Osimhen e ha condannato il razzismo e il bullismo. Robert Del Naja, un grande tifoso del Napoli, ha preso una posizione dura contro i video Tik Tok che deridono Osimhen per un rigore sbagliato. Del Naja ha dichiarato: “Razzismo casuale e bullismo sono comportamenti inaccettabili da parte di qualsiasi datore di lavoro, istituzione o club sportivo. Sarebbe un insulto per ogni tifoso e giocatore del Napoli se il ricordo della recente stagione storica – ispirata da Osimhen – fosse deformato da questa imbarazzante e insultante spazzatura. Solidarietà a Victor.”

Thierry Henry: un’accusa pesante

La leggenda del calcio francese, Thierry Henry, ha accusato duramente il Napoli di razzismo in un’intervista con l’emittente newyorkese CBS. Henry ha sostenuto che il comportamento del club partenopeo è totalmente inaccettabile e ha dichiarato: “Certo che è razzismo, è sbagliato a tutti i livelli. Di che parliamo? La squadra prima di tutto. Questo è quello che fai al tuo giocatore.” Le parole di Henry riflettono la percezione internazionale del caso Osimhen come un problema grave e non da sottovalutare.

Attraverso un comunicato, il ministro dello sport John Owan Enoh è tornato su quanto accaduto all’attaccante del Napoli e della Nigeria

“Il mio ufficio si sta impegnando per raggiungere Osimhen in prima persona e capire quali sono i problemi, per stabilire bene i fatti”. Questo il contenuto della nota: “Sono anche in contatto con il ministro degli Affari Esteri e con l’ambasciatore della Nigeria in Italia. Stiamo utilizzando le vie diplomatiche per approfondire la questione con l’Italia”. E infine: “Ci impegniamo a garantire che ai nostri sportivi venga accordato il rispetto che meritano e che non siano esposti a ingiustizie, discriminazioni e prese in giro sleali che potrebbero essere dannose per la loro carriera”

Il caso Osimhen su TikTok e le accuse a Napoli di essere razzista: bianchi che insegnano alle vittime di razzismo cosa sia razzista e cosa non lo sia

È davvero sconcertante osservare come le accuse di razzismo, provenienti da un ministro nigeriano e da un calciatore nero di fama mondiale come Thierry Henry, siano state affrontate dalla stampa italiana. Ci troviamo in una situazione in cui un gruppo di autori, per lo più bianchi, sembra desiderare ardentemente spiegare a coloro che sono stati vittime di razzismo per secoli cosa sia o non sia realmente razzista. È come se stessero cercando di illuminare il mondo con la loro saggezza, dimostrando che le accuse di razzismo da parte di chi effettivamente lo vive sulla propria pelle siano solo un errore di giudizio. Che ironia! Chi meglio di chi subisce il razzismo potrebbe capire cosa significhi? Ma no, ecco che arrivano gli esperti di uguaglianza, i detentori del “verbo antirazzismo”, pronti a smentire l’ovvio. In fin dei conti, chi meglio dei benintenzionati osservatori esterni potrebbe spiegarci come ci si deve sentire quando si è bersaglio di razzismo? Che fortuna che ci sono loro a illuminarci su queste questioni!

La versione di Osimhen

Il calciatore del Napoli, dopo giorni di polemiche ha postato questo messaggio sul suo canale instagram: «La passione del popolo napoletano alimenta il mio fuoco per giocare sempre con il cuore e l’anima, e l’amore per lo stemma è incrollabile mentre lo indosso con orgoglio», ha continuato, «le accuse contro il Popolo di Napoli sono false. Ho tanti amici napoletani che sono diventati parte della mia famiglia e della mia vita quotidiana. Apprezzo i nigeriani e tutti coloro che hanno prestato la loro voce per sostenermi e aiutarmi. Grazie mille, ve ne sarò grato per sempre. Continuiamo a diffondere unità, rispetto e comprensione. Forza Napoli Sempre». Resta però che questo messaggio è stato affidato a una storia IG, che dopo 24 ore scompare, e che le foto del calciatore con la maglia del Napoli non sono riapparse (al momento) sul suo canale instagram.

E’ permalosità? Un gioco di manipolazione per ottenere un contratto migliore? Un modo per rompere e andare via? Chi vi scrive non pensa sia affatto così. Soprattutto alla luce del vissuto di Victor Osimhen.

Napoli si è spesso concessa la “patente” di antirazzismo

ma questo atteggiamento può talvolta sfociare in una visione autoreferenziale. La città dovrebbe guardare oltre le proprie mura e aprire il dialogo su questioni più ampie. Napoli, nonostante la sua diversità, ha una leadership e istituzioni sostanzialmente omologate. La vera sfida sta nell’integrazione delle persone provenienti da contesti diversi. Il caso di Osimhen, sebbene ricco e famoso, solleva domande importanti sulla giustizia sociale e il rispetto dei diritti altrui. Difendere i propri, anche se legittimo, non è sufficiente; il vero valore del rispetto emerge nella difesa dei diritti degli altri. Avere come “idoli” sportivi, musicisti e attori neri, non fa di noi persone esenti da pregiudizi razziali. È troppo facile essere antirazzisti quando si tratta di difendere un calciatore.

Forse Napoli non è razzista, ma non è esente da episodi razzisti

Sono un figlio di Napoli che ha lasciato la sua città natale in cerca di libertà e opportunità di crescita professionale molto presto nella vita, non senza affrontare notevoli sacrifici. Ho vissuto in diverse città Italiane e lavorato come volontario o reporter in molti continenti. Ho sperimentato sulla mia pelle cosa significhi essere discriminato dai miei connazionali, essere deriso e, ahimè, diventare spesso vittima di terribili pregiudizi, il frutto di una profonda ignoranza. In ogni occasione, ho difeso con orgoglio le mie radici, sia a Padova che a Damasco, a Ravenna come a Timbuctu, a Bologna come a Bagdad, a Torino come a Lagos.

Tuttavia, non posso ignorare che viaggiando e incontrando altre persone ho scoperto quanti pregiudizi razziali fossero nascosti dentro di me. E anche se i miei “compaesani” potrebbero non perdonarmelo, non posso negare che Napoli, al momento attuale, non può essere definita una città antirazzista. Potrebbe diventarlo, certo, poiché il suo popolo è notoriamente generoso e ospitale, ma al momento questa affermazione è difficilmente sostenibile. Napoli sarà antirazzista quando i farmacisti neri non saranno relegati solo al turno di notte, quando la giunta includerà un numero significativo di afrodiscendenti, e quando vedrò indiani e pakistani tra i dirigenti della mia banca. Potrò dichiarare che Napoli non è razzista quando non sentirò più barzellette orrende sui cinesi e quando una ragazza nera in minigonna non sarà identificata a priori come una prostituta. Non potrò affermarlo fino a quando camminando di notte con i miei fratelli, italiani neri, la polizia continuera a dare del “lei” a me e del “tu” ai neri chiedendo da quale paese provengano.

La vera Napoli antirazzista verrà quando i miei amici provenienti dalla Siria o dall’Iran potranno svolgere il lavoro per cui sono qualificati, invece di dover aprire un ristorante etnico. E sarà realtà quando nelle librerie di ogni casa spunteranno libri di Toni Morrison, Alice Walker, James Emanuel o del buon vecchio Walter Mosley. Lo dirò con orgoglio quando avremo insegnanti di letteratura italiana, di diversi colori, insegnare cosa sia il razzismo, invece di opinionisti televisivi bianchi, cisgender e privilegiati.

Sarà un bel giorno, davvero.

Giovanni Scafoglio

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