Aprile 20, 2024
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Negli ultimi anni, la comunicazione a distanza si è intensificata. La pandemia ci ha “costretti” all’utilizzo massiccio delle tecnologie. Senza lo spazio digitale non sarebbe stato possibile proseguire la vita scolastica, lavorativa, sociale e culturale. È anche vero però, che il mondo virtuale porta con sé degli svantaggi. A confermarlo è una ricerca di laboratorio di Melanie S. Brucks e Jonathan Levav, condotta in cinque Paesi (in Europa, Medio Oriente e Asia meridionale). Secondo questo studio la videoconferenza inibisce la creatività.

Le interazioni virtuali restringono il focus cognitivo dei comunicatori

I risultati di questa ricerca hanno rilevato che le persone dinanzi ad uno schermo depotenziano il flusso generativo delle idee. Ciò accade perché l’attenzione si catalizza su un campo visivo ristretto. Di conseguenza è come se il cervello non ricevesse abbastanza input da favorire la creatività. Viceversa, le interazioni che avvengono in presenza dilatano il campo visivo del soggetto e il focus cognitivo diviene più potente. 

Questo non significa che il lavoro da remoto sia da condannare. Anzi, lo smart working ci ha permesso di riorganizzare il nostro tempo e di rendere possibile l’equilibrio tra vita personale e vita lavorativa. Però, occorre tener conto che questa modalità di lavoro va alternata con quella tradizionale. Di contro però, c’è chi ormai predilige il full remote e lo considera come una condizione essenziale per iniziare un rapporto di lavoro.

In un sondaggio del 2021, il 71% dei lavoratori statunitensi ha espresso preferenza per il lavoro da remoto. Almeno una volta a settimana. E infatti, negli Stati Uniti, il 20% dei giorni di lavoro, si svolge da remoto. I vantaggi ci sono e sarebbe anacronistico negare questa modalità di lavoro al termine della pandemia. Perché lo smart working non deve essere più una misura da adottare in situazioni di emergenza. Dev’essere intesa come una normale modalità di lavoro che rende le relazioni flessibili e basate sulla fiducia.

Però non è l’unica forma di collaborazione

Le relazioni in presenza, che siano di natura affettiva o professionale, hanno tutt’altra consistenza rispetto a quelle che avvengono da remoto. Non è un caso che secondo la ricerca di Melanie S. Brucks e Jonathan Levav, l’ allontanamento dall’interazione di persona influenza l’innovazione. 

Eppure, c’è chi vive il lavoro in presenza in modo costrittivo. Quasi come se il full remote fosse l’unica condizione capace di rendere un’azienda innovativa.

Ma l’innovazione può celarsi dietro la tradizione. Un’organizzazione è davvero innovativa quando promuove il confronto e la socializzazione. E per quanto le videoconferenze siano efficienti, non hanno lo stesso impatto degli incontri face to face.

Le video call restringono la sfera emotiva

Gestire il personale di un’azienda che opera in modalità full-remote implica un minor coinvolgimento della sfera emotiva. Se le persone non le vedi, il campo relazionale, così come quello visivo, si restringe. Si restringono le percezioni e le emozioni. Di conseguenza, i legami si limitano alle conversazioni di lavoro. E la componente umana viene a mancare.

Quando non si creano relazioni, l’intelligenza collettiva si affievolisce

Ed ecco che creatività e innovazione faticano a venir fuori. Anche se, su questa questione i punti di vista sono discordanti, poiché altre ricerche affermano che il full-remote può generare anche più produttività del lavoro in presenza. 

Per esempio, uno studio pubblicata dal Mit Sloan di Cambridge, Massachusetts, condotta da un team guidato da Ben Laker, Professore all’Università di Reading, ha rilevato che per alcune aziende in regime di Smart working, il ritmo dell’innovazione è amplificato.

Il punto è che non si mette in dubbio il rendimento, quanto la capacità di favorire entusiasmo e motivazione stando insieme. Condividendo gli stessi spazi e non un semplice schermo

A questo proposito, i lavori di Elton Mayo e di McGregor definiscono gli elementi di natura sociale determinanti ai fini del rendimento lavorativo. Secondo i due studiosi, i fattori ambientali e relazionali sono essenziali per umanizzare le relazioni tra le persone

Dunque, quale sarà in futuro il focus cognitivo delle organizzazioni? Le imprese adotteranno il full remote per attrarre più talenti oppure sceglieranno di difendere i fattori ambientali e relazionali?

Emanuela Mostrato

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