Le fiabe moderne, specialmente quelle adattate da Disney, si sono notevolmente distaccate dalle loro versioni originali, spesso molto più oscure e rivolte agli adulti. Queste storie, come Biancaneve, Cenerentola, La bella addormentata e altre, non erano pensate per i bambini. Erano come racconti morali e moniti per affrontare un mondo spietato. Le versioni originali erano intrise di violenza e tematiche crudeli come il cannibalismo, la mutilazione e la vendetta. Riflettevano le dure realtà sociali e morali dell’epoca. Racconti come Hansel e Gretel, ad esempio, erano ispirati a periodi di carestia, dove l’abbandono dei bambini e la paura di predatori umani. I veri finali delle favole Disney sono molto lontani da come Walt le ha narrate.
I veri finali delle favole Disney: perché sono stati cambiati?
Con l’avvento delle pubblicazioni per famiglie, soprattutto sotto l’influenza di Disney negli anni ‘30 e ‘40, queste fiabe furono adattate per rendere i racconti più adatti ai bambini. Modificare anche per non mettere in imbarazzo i genitori con contenuti troppo violenti o cruenti. Le principesse e i finali tragici vennero sostituiti da un lieto fine. Molti temi controversi furono rimossi per soddisfare un pubblico più ampio e rassicurante. Gli orchi e i lupi delle storie originali erano spesso rappresentazioni di pedofili o predatori umani, mentre i draghi e le streghe che divoravano bambini riflettevano paure sociali e storie di cronaca. Attraverso queste trasformazioni, Disney ha reso le favole delle narrazioni quasi fiabesche e ottimistiche, aumentando la loro popolarità e potenziale commerciale.
Questa evoluzione illustra come le fiabe siano passate dall’essere racconti di avvertimento con aspetti orrorifici a storie accessibili per un’infanzia protetta, ed è stato grazie a questo cambiamento che Disney è riuscito a capitalizzare sul potere delle fiabe, trasformandole in intrattenimento familiare.
Prima di continuare è importante evidenziare la differenza tra favole e fiabe
Origini e protagonisti
Le favole sono racconti brevi, spesso popolati da animali parlanti con caratteristiche umane (come astuzia, ingenuità o avidità), che agiscono come metafore per le virtù e i difetti umani. Scrittori come Esopo e Fedro sono famosi per le loro favole. Le fiabe, invece, hanno radici popolari e contengono elementi soprannaturali come fate, maghi, draghi e oggetti magici, ed esempi classici sono le raccolte dei fratelli Grimm e di Charles Perrault.
Scopo e morale
Le favole hanno una chiara morale o insegnamento, esplicito o implicito, che si trova spesso alla fine della storia. Sono create per trasmettere valori morali e lezioni di vita. Le fiabe, invece, hanno una trama più complessa e un andamento narrativo meno didascalico, spesso incentrato sul viaggio dell’eroe o sulla lotta tra bene e male, con un finale generalmente positivo che trasmette speranza o giustizia.
Struttura e lunghezza
Le favole tendono ad essere brevi e concise, mentre le fiabe hanno una narrazione più elaborata e includono avventure, sfide e trasformazioni che portano il protagonista alla maturazione o a un trionfo finale. Dunque, mentre le favole offrono insegnamenti morali attraverso metafore semplici e animali antropomorfi, le fiabe propongono una narrazione più avventurosa e fantastica, spesso per intrattenere e ispirare, caratterizzare dal lieto fine.
I veri finali delle favole Disney
Nelle versioni originali di Biancaneve, la figura della madre, e non una matrigna, è al centro di una trama oscura
Nella fiaba di Basile, La Schiavottella, la madre invidiosa ordina l’omicidio della figlia, ossessionata dalla sua bellezza. Nei fratelli Grimm, questo personaggio tenta più volte di uccidere Biancaneve, prima stringendole il corsetto fino a farla soffocare, poi con un pettine avvelenato e infine con la famosa mela avvelenata. La vendetta finale è brutale: al matrimonio di Biancaneve, la madre viene costretta a danzare in scarpe di ferro rovente fino alla morte. Disney ha cancellato questi aspetti macabri, trasformando la storia in un racconto più dolce e commerciale, destinato a un pubblico infantile. Nelle versioni originali di Biancaneve, non è il principe a salvare la protagonista. Nella storia dei fratelli Grimm, Biancaneve è risvegliata quando i servi del principe, trasportando la sua bara, inciampano, facendo espellere dalla sua gola il pezzo di mela avvelenata. Senza parlare dell’idea di un principe che, senza conoscere Biancaneve, ordina di portarla nel suo castello in una bara di vetro ha delle sfumature inquietanti, che nelle versioni originali risultano più ambigue. La vera storia di Biancaneve è truce, amorale e non adatta ai bambini
Cenerentola era un’assassina
La Cenerentola originale, in particolare nelle versioni di Giambattista Basile (La Gatta Cenerentola) e Charles Perrault, differisce notevolmente dall’adattamento edulcorato di Disney. Zezolla, con l’aiuto della sua maestra, uccide la matrigna per facilitarne il matrimonio con il padre. Tuttavia, la nuova matrigna si rivela ancora più crudele, portando all’abbandono e alla vita di sottomissione della giovane. La violenza non è velata, e la protagonista stessa si ritrova coinvolta in atti di vendetta e omicidio, che sono completamente assenti nella versione Disney. In La Gatta Cenerentola, non ci sono topolini, ma un albero magico (una palma dattilifera) che dona a Zezolla tutto il necessario per presentarsi al ballo. Questa magia oscura e “organica” si allontana dalla rappresentazione più dolce e fantastica della fata madrina che vediamo in Disney. Nel finale de La Gatta Cenerentola di Giambattista Basile, non troviamo una semplice ricompensa per Zezolla (Cenerentola) e una punizione “pulita” per i cattivi, come in altre versioni più edulcorate. Invece, c’è una conclusione particolarmente cruda e violenta. Dopo aver subito il tradimento da parte della matrigna e delle sorellastre, la vendetta arriva indirettamente attraverso il destino: nel racconto originale, Zezolla non perdona, né mostra compassione.
La Bella Addormentata: un risveglio scioccante
Talia, la protagonista, cade in un sonno profondo a causa di una scheggia velenosa (non un fuso da filare) e viene trovata da un re. Invece di risvegliarla, il re approfitta di lei mentre è ancora incosciente, e Talia resta incinta durante il sonno. Dalla sua gravidanza nascono due gemelli, Sole e Luna, che successivamente la risvegliano accidentalmente succhiandole la scheggia dal dito.
La Sirenetta muore
Nella storia di Andersen, la sirenetta desidera diventare umana per amore di un principe. Tuttavia, l’incantesimo che le dona le gambe è doloroso: ogni passo la fa soffrire come se camminasse su lame, un dettaglio crudo che riflette il sacrificio estremo che compie per amore. Questo tormento fisico è del tutto omesso nella versione Disney, dove il cambiamento avviene senza sofferenze. Nel racconto originale, il principe sposa un’altra donna, e la sirenetta ha l’opportunità di salvarsi solo uccidendo lui e la sua sposa con un pugnale. Rifiutando di farlo, sceglie di sacrificarsi, gettandosi in mare e dissolvendosi in schiuma. Andersen la trasforma in uno “spirito dell’aria”, condannato a vagare e compiere buone azioni per guadagnarsi un’anima immortale. Questo finale tragico e riflessivo enfatizza il tema del sacrificio e dell’amore non corrisposto, molto distante dal lieto fine Disney.
Pocahontas aveva 10 anni
Pocahontas era la figlia di Powhatan, il capo della confederazione Powhatan in Virginia. Quando incontrò John Smith, nel 1607, aveva probabilmente tra i 10 e i 12 anni, mentre Smith era già un adulto. Nel 1613, Pocahontas fu rapita dai coloni inglesi e tenuta in ostaggio per esercitare pressioni su suo padre. Durante la prigionia, fu costretta a convertirsi al cristianesimo e prese il nome di Rebecca. Dopo il rapimento, Pocahontas sposò John Rolfe, un colono inglese, in quello che fu probabilmente un matrimonio forzato. Portata in Inghilterra come simbolo della “civiltà” dei nativi, Pocahontas divenne un oggetto di propaganda coloniale. Morì a circa 21 anni, lontano dalla sua terra e dalla sua gente, probabilmente a causa di una malattia come la tubercolosi o la polmonite.
Niente lieto fine per Rapunzel
Nella versione di Basile, intitolata Petrosinella (che significa “prezzemolina”), la madre di Petrosinella ruba piante di prezzemolo dal giardino di un’orchessa. Per evitare la punizione, promette alla creatura il proprio futuro bambino. Quando Petrosinella cresce, l’orchessa la prende con sé e la rinchiude in una torre, un elemento che Disney riprende nel film. Nella versione di Basile, intitolata Petrosinella (che significa “prezzemolina”), la madre di Petrosinella ruba piante di prezzemolo dal giardino di un’orchessa. Per evitare la punizione, promette alla creatura il proprio futuro bambino. Quando Petrosinella cresce, l’orchessa la prende con sé e la rinchiude in una torre, un elemento che Disney riprende nel film.
Disney ha modificato i finali delle fiabe originali per renderle più accessibili a un vasto pubblico e, in particolare, per adattarle ai valori e ai gusti del pubblico americano del XX secolo. Questa scelta è legata a motivazioni commerciali e culturali.
Disney voleva trasformare fiabe originariamente crude e oscure in racconti rassicuranti e ottimistici per i bambini. Finali cupi e violenti, presenti nelle versioni di Basile, dei fratelli Grimm e di Andersen, avrebbero potuto spaventare il pubblico più giovane e avrebbero reso i film meno vendibili come prodotti per famiglie.
Produrre storie con lieti fine, in cui il bene trionfa sul male e i personaggi ottengono giustizia, garantisce un messaggio positivo e universalmente apprezzato. Questo approccio ha aiutato Disney a conquistare il mercato globale e a vendere merchandising legato a questi personaggi. Finali tristi o ambigui avrebbero potuto ridurre l’appeal commerciale, poiché avrebbero creato una distanza emotiva tra il pubblico e i personaggi
I veri finali delle favole Disney furono influenzate dal Maccartismo
Durante l’epoca del maccartismo negli Stati Uniti (anni ’40 e ’50), Hollywood, compresa Disney, subì forti pressioni per rappresentare la cultura americana come “positiva” e per enfatizzare valori come patriottismo, ottimismo e giustizia. La Disney, che in quel periodo si posizionava come azienda portavoce dei valori tradizionali, adattò i suoi contenuti per evitare elementi che potessero sembrare “anti-americani” o negativi.
Walt Disney usò i meccanismi dell’anticonformismo per consolidare il proprio impero. Dopo uno sciopero dei suoi animatori nel 1941, che lasciò un segno profondo, Disney si allineò al clima di sospetto e repressione tipico del maccartismo, contribuendo a creare un ambiente ostile verso presunti simpatizzanti comunisti. Denunciò alcuni collaboratori alla House Un-American Activities Committee (HUAC), l’organo incaricato di individuare e perseguire sospetti comunisti, accusando molti di loro di essere comunisti per eliminare potenziali rivali o coloro che percepiva come “sleali”.
Le testimonianze di Disney contro ex dipendenti e concorrenti, come Art Babbitt, uno dei principali animatori dello studio, mostrarono come sfruttasse questo sistema per tutelare la sua azienda e il proprio potere.
Il vero cattivo delle favole era proprio Walt Disney?
La partecipazione attiva di Disney alla “caccia alle streghe” contribuì anche a consolidare il suo profilo di azienda profondamente americana, in linea con i valori patriottici e anti-comunisti promossi dagli Stati Uniti. Questo contesto storico e le scelte strategiche gli permisero di eliminare molti ostacoli e di proiettare l’azienda come sinonimo di “magia e innocenza,” sfruttando l’immagine pubblica e culturale come vantaggio competitivo.
Dal Maccartismo all’ideologia Woke la storia si ripete
La strategia attuale di Disney di abbracciare il politicamente corretto, la cancel culture e l’ideologia woke sembra un pericoloso ritorno al passato. Il politicamente corretto e la cancel culture, infatti, tendono a cancellare o modificare contenuti che possano risultare “offensivi” o non allineati a determinati standard. Alcuni critici evidenziano che questa tendenza rischia di trasformare le storie Disney in racconti privi di conflitti autentici o controversie reali, per evitare critiche da parte di gruppi specifici, dando vita a versioni edulcorate e conformiste dei racconti originali.
Questo approccio ha definitivamente snaturato l’identità originale delle favole, privandole di quella durezza e cruda verità che le rendono universali, portando a una forma di autocensura che limita l’arte e l’espressione creativa in nome dell’accettazione sociale.
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