Aprile 30, 2024
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Cosa serve per avere successo? Malcolm Gladwell, giornalista e sociologo canadese, nel libro “Fuoriclasse. Storia naturale del successo” ha elaborato la teoria delle 10.000 ore. Secondo questa teoria, per eccellere in una disciplina è necessario un impegno costante che equivale almeno a diecimila ore, cioè circa dieci anni. Questo periodo di tempo deve essere caratterizzato da tanto studio, prove e test. Dunque, stando all’ipotesi di Gladwell, il talento passa in secondo piano, perché attraverso un assiduo esercizio è possibile arrivare al successo. Ma non è un’ipotesi credibile e infatti è stata smentita da molti studi di psicologia. 

La pratica non basta, ci sono tante altre componenti che concorrono alla riuscita

Una delle componenti è senz’altro il talento. Non quello prestazionale, ma quello attitudinale, mosso da passione e capacità intrinseche. Inteso in questo modo, il talento, è scisso dal successo. Per lo scrittore Alessandro D’Avenia, il successo si concentra sulle luci e non su ciò che viene alla luce. E infatti, vivere con l’ostinazione di diventare eccellenti in qualcosa rende dipendenti dalla perfezione. Se si è davvero capaci in una disciplina, non bisogna preoccuparsi di essere perfetti. Piuttosto bisogna coltivare le proprie abilità.

Non per compiacere gli altri, né per competizione. Ma per amor proprio, amore verso ciò che più amiamo fare. 

Senza talento quindi non si possono raggiungere risultati?

Sì, con impegno si può acquisire una buona tecnica, ma il talento è un moto dell’anima, una predisposizione innata che non richiede sforzo. Piuttosto richiede la determinazione nel voler potenziare e mettere a frutto le proprie capacità.

Si pensi alla differenza tra un bravo atleta e un campione. Cosa li distingue? L’uno è apprezzato per le sue abilità tecniche, l’altro per le sue prodezze. 

Un’altra componente è la fortuna. Un pizzico non guasta mai. Però serve anche cercarsela la fortuna. Rischiando, mettendosi in gioco, addentrandosi nei contesti giusti. 

Poi, serve molta pratica e apprendimento continuo. L’allenamento psico-fisico è essenziale per sviluppare competenze e valorizzare la propria professione. E ancora, altro fattore centrale per avere successo è una buona dose di autostima

Credere in sé stessi più di quanto possano fare gli altri. Credere nelle proprie potenzialità in modo costruttivo e non narcisistico. 

Essere presenti e fedeli a sé stessi

In questa cultura della performance e dell’affermazione, si è soliti pensare al successo come al susseguirsi di risultati sempre più grandi. Si vive quasi angosciati dal potere e dai condizionamenti esterni.

Riprendendo la domanda iniziale – Cosa serve per avere successo? – la risposta è essere presenti e fedeli a sé stessi. È incarnare il proprio destino, senza subire influenze, e quindi portando a compimento un desiderio autentico.

Vale la pena insistere, impegnarsi per diecimila ore e di più per compiere il proprio destino e coltivare una passione. Insistere, invece, senza passione non necessariamente genera risultati. Anzi, potrebbe generare un’ostinazione dannosa per il proprio benessere.

La teoria di Gladwell, dunque, non è detto che funzioni sempre.

A tal proposito lo psicologo Daniel Goleman ha affermato:

“La regola delle diecimila ore è vera solo a metà. Se sei un imbranato a golf, e commetti sempre gli stessi errori quando cerchi di fare un putt, dopo 10mila ore starai sempre facendo lo stesso errore, senza migliorare. Sarai sempre imbranato, solo un po’ più vecchio”.

Sennonché, la teoria di Gladwell fa riflettere su un limite della nostra società, ovvero l’essere vittime del mito del migliore. Bisognerebbe liberarsi da questo falso mito partendo dalle famiglie e dalla scuola. Ai giovani serve insegnare che il tempo è prezioso, va valorizzato e vissuto inseguendo la propria vocazione.

Si può avere successo anche senza essere i primi in classifica, anche se non si è riconosciuti come campioni, anche se non ci si allena 

La riuscita non è sinonimo né di approvazione, né di celebrazione, quanto di conciliazione tra quello che siamo e quello che facciamo. Quello che conta è sentirsi in pace con sé stessi e non tradire l’Io interiore.

Emanuela Mostrato

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