Ottobre 8, 2024
A ECORANDAGIO ospitiamo e formiamo i giornalisti di domani

“Vedrai, i 20 anni saranno gli anni più belli della tua vita!” Quando ero adolescente mi sono sentita ripetere questa frase moltissimo. Me lo ricordo molto bene. Ma ora, che mi ritrovo dentro a questo periodo, li vivo realmente come i migliori anni di sempre?

Sfortunatamente, almeno per quanto mi riguarda, non è proprio così. Ho vissuto gli anni dell’università molto bene, ma dopo che mi sono laureata (e, tra l altro, anche dopo la pandemia) è cambiato tutto.

Era quasi come se fossi caduta in mare aperto, ritrovandomi in balia delle onde e non sapendo dove mi avrebbero portato.

Si, avevo una laurea ed ero sicura che non volevo continuare con l’università (cioè a fare la magistrale) ma fare qualcosa di più pratico. Perciò ho scelto di fare un master. Era la scelta giusta. Me lo sentivo. Era esattamente quello che volevo. Alla fine, però, non mi presero… per un solo punto.

Da quel momento, qualcosa in me è cambiato. Da una parte mi ha fatto crescere. Mi ha dato molte consapevolezze. E l’unica cosa a cui pensavo era che se non mi avevano preso era perché in quel momento doveva andare così. Era l’unico modo per farmi sentire meglio.

E da qui, per me, inizia quel fantastico periodo che va dalla fine dell’università alla ricerca del lavoro.

Da questo momento nascono complicazioni, le ansie e le paure… tutte per quell’unica inevitabile cosa: il futuro. Sapevo che volevo specializzarmi in qualcosa che poi mi avrebbe, si spera, portato a fare un lavoro che mi piaceva. Quindi, in questi mesi, mi sarei impegnata ancora di più per cercare di rientrare di nuovo in quel master.

Si, sono una persona molto testarda. E perseverante. Ma perché sapevo che era realmente quello che volevo, con tutto il cuore.

Intanto, però, inizia una guerra… le gente si preoccupa e inizia a crescere in me l’ansia di dover cercare per forza un lavoro. La mia famiglia, la quale penso di aver deluso in tutti questi mesi (sfortunatamente hanno alte aspettative) inizia a mettermi pressione… e io, insieme ad altre complicazioni, inizio ad isolarmi.

I 20 anni solo quel periodo in cui non sai chi sei. Non hai ancora un’identità. La quale, nel mondo di oggi, è spesso definita con la propria professione.

Quando, in questo periodo, la gente ti fa la loro solita prima domanda “Cosa fai?” (invece di chiederti magari “come stai?/cosa ti piace?”) il non riuscire a rispondere concretamente non ti fa definire davanti a quella persona. Quasi tu stesso non sai neanche più chi sei.

Inizi a pensare com’era prima. All’università… e al liceo. E quasi rimpiangi quegli anni. Perché anche se c’erano dei momenti no, dei problemi… avevi una strada. Avevi un qualcosa da seguire e da raggiungere. Avevi un’obbiettivo. C’erano certezze.

Inoltre, in questo periodo, continua a crescere la consapevolezza e la voglia di essere indipendente

La voglia di allontanarsi dai genitori. Ma allo stesso tempo fai fatica ad allontanarti e a lasciare la tua casa. Fai fatica anche solo vederla cambiare (ad esempio per un eventuale ristrutturazione) e capire che la tua camera non ci sarà più o, meglio, che non sarà più come prima. Che sarà tutto diverso.

Vuoi allontanarti, vuoi avere il tuo proprio nido sicuro. Perché, da una parte, ti rendi conto che la casa in cui stai non è tua. Ma dei tuoi genitori (nel mio caso di mio papà). E pensi che magari allontanandoti la tua relazione con lui/loro potrebbe migliorare radicalmente. E io penso che sarà così.

Per quanto mi riguarda, ho una relazione abbastanza complicata coi miei genitori (divorziati). Vivevo con mia mamma, con cui avevo una relazione abbastanza travagliata, anche se nell’ultimo periodo abbiamo trovato il nostro equilibrio. L’anno scorso si è sposata e si è trasferita e ora dovrei stare con mio papà. Dico “dovrei” perché anche quella è un’altra questione altrettanto complicata che vi risparmierò.

Da quando è andata via la relazione con mia mamma è migliorata tantissimo.

Sono una persona che sta bene da sola. Lo ammetto. E da parte di mio papà ho quasi sempre considerato questa cosa come un difetto… perché lui mi ha sempre spronato a fare il contrario. A stare con altri, sempre. Soprattutto in questo periodo. Come se quasi lo stare da soli fosse qualcosa che ti tolga qualcos’altro.

Ma se una persona si trova bene da sola e ha, comunque, una vita relativamente mondana (non è che sono un hikikomori… per dire) perché dovrebbe sentirsi obbligato a cambiare?

Per questo sento di dare un forte consiglio, soprattutto ai ragazzi italiani, perché vedo che in Italia, in particolar modo, c’è un grande attaccamento dei genitori da parte dei figli…

Fate quello che vi sentite di fare. Non sentitevi obbligati dai vostri genitori. Ascoltate i consigli, si. Ma non finite per fare qualcosa solo per accontentarli. La vita è la vostra e più avanti potrete pentirvene.

In questo periodo mi sono resa conto di questa cosa. Che è importante non subire nulla dalle persone in generale ma, soprattutto, dai propri genitori. Io faccio molta fatica a comunicare quello che sento specialmente a mio padre. Ma da una parte so che se io non faccio il primo passo continuerò a subire e a stare male. E questa consapevolezza mi è nata anche grazie all’aiuto della psicologa.

E’ stata una delle cose migliori che potessi iniziare quest’anno. Un percorso di psicoterapia. E non me ne vergogno. Anzi, penso che tutti noi ne abbiamo bisogno per lo meno anche solo per un piccolo periodo della nostra vita. Non c’è bisogno di avere dei problemi gravi… bisogna togliere questo stigma che è ancora molto presente, per lo meno nel nostro paese.

Non bisogna avere mai paura di chiedere aiuto. Anche quando si vuole semplicemente avere un momento per se e una persona che ci ascolti.

Perché purtroppo… oggi ci sono moltissime persone che parlano ma molte poche che ascoltano. Che ascoltano davvero.

Alexa Panno

Leggi anche

Nichilismo giovanile tra alcol e droghe

Speranze e sogni di una generazione fortemente cambiata dalla pandemia

Scegliere tra dubbio e certezza

Emergenza emotiva: siamo prigionieri dell’indifferenza

Dario Fo il Maestro dei Pennelli
 - come il Premio Nobel dipingeva il suo teatro attraverso 70 opere inedite. Il Randagio Edizioni
Show Full Content
Previous Nichilismo giovanile tra alcol e droghe
Next 168.732 cuori selvaggi al Salone internazionale del libro di Torino
Close

NEXT STORY

Close

Le primule di Boeri, focolaio per favore vai via

Febbraio 8, 2021
Close