Aprile 24, 2024
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L’Italia è una Repubblica fondata sulla cattiveria? Si, secondo lo scrittore Franco Arminio nel nostro Paese serpeggia un’emergenza emotiva: siamo prigionieri dell’indifferenza. Ognuno vive per fatti suoi, incurante di tutto quello che accade intorno. Il problema dell’Altro resta tale, perché non c’è tempo per farsi carico delle difficoltà altrui. Siamo parte di una società senza fare nulla per appartenere davvero ad una comunità.

“Un senso di esilio pervade anche chi sembra stare nel cuore del corpo sociale”.

Esilio. Una parola che dovrebbe appartenere alle barbarie del passato. A tutte le cattiverie che l’uomo ha compiuto con l’intento di esiliare un altro uomo. Eppure, la condizione di esilio esiste ancora. In altre forme, ma esiste. Ne dà evidenza Franco Arminio, parlando del senso di straniamento che si avverte nella nostra società. “La società è una cosa che se esiste riguarda gli altri, noi ne siamo fuori”. Ecco, questo è il pensiero che domina la mente di molti. Un pensiero menefreghista, generatore di cattiveria. 

Il processo di individualizzazione ci ha assorbito così tanto da restare passivi all’interno del corpo sociale.

L’individuo prevale sulla collettività, al punto che ogni cittadino sembra essere un esiliato. Emarginato cioè dal mondo sociale. E non perché vi è un nazionalismo che lo impone. Vi è piuttosto quella che Franco Arminio definisce Emergenza Emotiva. É questo il malessere più grande del nostro tempo. La mancanza di emotività. L’incapacità di dare amore al prossimo, voltando le spalle ad ogni problema che non sia il nostro. “Non posso fare niente”. “Se nessuno si preoccupa, perché dovrei farlo io?”.

Con questi ragionamenti egoistici, l’emergenza emotiva si propaga molto più di un’emergenza virale. A questo proposito, Franco Arminio si chiede: “Si può fare una legge contro la cattiveria? Si può inventare un pass contro l’odio?”. No, in tal senso la politica non può fare nulla. Non c’è nessun partito politico che si preoccupi del bene comune. Nessuna rivoluzione si muove contro questo senso di esilio. Gli unici a poter fare qualcosa, secondo lo scrittore, siamo noi cittadini. Proprio noi che siamo acquattati dietro al nostro ego. Come fosse un’ombra dalla quale non riusciamo a liberarci.

Contro l’emergenza emotiva e contro la prigione dell’indifferenza serve il contributo di tutti

Si è smarrito il senso dell’appartenenza e si è imposto il senso dell’esilio. Cosa bisogna fare per recuperare la componente sociale ed umana? 

“Spetta a noi rimettere al suo posto il primo articolo della costituzione: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. E il lavoro da fare non è solo il mestiere che ognuno di noi più o meno porta avanti o il mestiere che dovrebbe essere garantito ad ognuno. Il lavoro da fare è straordinario, è una sorta di volontariato che dovrebbe occupare le nostre ore libere, ore da dedicare a sottrarre rancore al corpo sociale”.

Le parole del poeta Arminio sono chiare come un’alba. Il lavoro di cui ognuno dovrebbe farsi carico va ben oltre la professione. Si tratta di un lavoro spirituale, filosofico, filantropico. Un lavoro mirato a trasformare i problemi umani in problemi sociali. Una sorta di risanamento emotivo, volto a colmare i vuoti e le insicurezze dell’ambiente sociale. Lo scrittore parla di “volontariato” per far leva sulla volontà dei singoli nello svolgere questo lavoro. Si appella ad un “lavoro straordinario” , riferendosi al bisogno dell’umanizzazione. Un lavoro teso a disperdere l’emergenza emotiva. Siamo prigionieri dell’indifferenza e bisogna uscire da questa prigione.

“Ognuno trovi la sua maniera, ognuno si convinca che il proprio contributo è importante”.

Ed è proprio questo il punto da cui partire: iniziare a pensare che ognuno può essere parte del cambiamento. Perché è così complicato dare un contributo? Per rispondere a questa domanda, la sociologia di Randall Collins ci è di aiuto. Collins sostiene che è più razionale volere che siano gli altri a dare un contributo, escludendo sé stessi. Nel senso che, a tutti fa comodo aspettare che siano sempre gli altri a dare un apporto alla società. Ma è proprio questa inerzia mentale a procurare disgregazione.

É questo eccesso di razionalità a renderci egoisti. Infatti, secondo Randall Collins per riuscire a tenere unita la società, bisognerebbe andare oltre i calcoli razionali. In poche parole, dovremmo pensare più col cuore che con la mente. Dovremmo imparare ad emozionarci di più e a dare priorità ai valori etici. Altrimenti resteremo sempre prigionieri dell’indifferenza.  

“..la detenzione è corale e la libertà si può ritrovare solo coralmente: ognuno provi a demolire la sua cella” (Franco Arminio).

Sono i sentimenti a renderci davvero parte di una comunità. É la voglia di perseguire degli obiettivi comuni a fare la differenza. Da soli non si va da nessuna parte. 

Emanuela Mostrato

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