Aprile 19, 2024
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Essere gentili e simpatici sul posto di lavoro è la chiave del successo? Secondo Adam Grant, psicologo dell’organizzazione, tra l’essere cortesi ed essere persone apprezzate non vi è una necessaria correlazione. Nel libro “Give and Take”, Grant affronta questo tema spiegando che la variabile che incide sul successo è lo stile di reciprocità. Si tratta di uno stile comportamentale che coinvolge tre categorie di colleghi: Taker, Giver e Matcher. Ovvero, quelli che prendono, quelli che danno senza aspettarsi nulla e quelli che danno per ricevere. 

Come capire a quale categoria di colleghi si appartiene?

Innanzitutto, specifica Grant è ovvio che rispecchiarsi in una categoria possa risultare difficile. Risulta più facile osservare il carattere degli altri piuttosto che il proprio. E infatti, chi ci circonda si fa grossomodo un’idea del nostro atteggiamento. Non a caso, la sociologia ci insegna che l’idea che abbiamo di noi deriva dal punto di vista degli altri (George Herbert Mead docet). Tuttavia, può succedere di riconoscersi in più stili di reciprocità a seconda della situazione. Sicuramente, in ognuno di noi prevale uno stile piuttosto che un altro. Talvolta però, capita di agire in modo opposto a quello abituale. 

Una persona abituata a dare, senza pretendere, potrebbe essere spinta dal voler ricevere qualcosa in cambio per raggiungere un risultato. Comunque, i Giver rappresentano senz’altro uno stile comportamentale positivo e generoso. Sono persone che riescono a costruire relazioni sane e a godere della stima di chi li circonda. Dare troppo però, non sempre premia. Delusioni e torti sono la prova che a volte occorre anche un briciolo di sano egoismo

Pensare agli altri, trascurando sé stessi può provocare un “affaticamento da generosità”.

Infatti, in psicologia, questa sindrome si verifica nei soggetti tendenzialmente emotivi e generosi. Queste persone, ad un certo punto sono afflitte da un esaurimento nervoso(burnout), che li fa sentire mentalmente stanchi e senza energie. Per cui, per evitare questa condizione, sarebbe bene dosare l’eccesso di generosità.

Taker, Giver e Matcher: quale delle tre categorie è più diffusa?

Gli studi di Grant rilevano che i Matcher costituiscono lo stile predominante. Nel mondo del lavoro i Matcher sono i più diffusi. Sono la categoria di persone che puntano alla parità. Ovvero, sono pronti ad offrire qualcosa se sanno di poter ricevere altro in cambio. Dunque, l’atto di dare presuppone per i Matcher un gesto che li contraccambi. Che li faccia sentire soddisfatti proprio per non aver dato inutilmente.  

Secondo Adam Grant lo stile dei Matcher e dei Token non è meno meno apprezzabile rispetto ai Giver. Nel senso che non basta essere un collega cordiale e gentile se poi nei fatti non sei risoluto. Quel che conta, a parere dell’esperto delle organizzazioni, è la capacità del collega di apportare valore. Quindi non quanto sei generoso, ma quanto sei capace di contribuire al raggiungimento dei risultati.

D’altronde, nei luoghi di lavoro è impossibile avere delle affinità con tutti. C’è il collega simpatico e quello che a stento ci rivolge parola. Però, magari quest’ultimo è lo stesso che collabora al successo della squadra. Ed è questo il bello di una “cultura della diversità”. Una cultura in grado di conciliare mondi opposti per il bene comune. Negli ambienti di lavoro, questa filosofia è essenziale per favorire lo spirito della condivisione e della collaborazione.

L’immagine del collega o del collaboratore, quando non è quella del nemico, è quella del complice. (Gian Vittorio Caprara, Le ragioni del successo).

In effetti, è così. Il collega può non essere un nostro amico, ma quel che conta è che sia nostro complice nel lavoro. Non è necessario andare con tutti d’amore e d’accordo. Le relazioni che si costruiscono con gli altri cambiano in base ai contesti e ai ruoli svolti. Per cui, che tu possa apparire un collega simpatico o meno, poco importa.

Piuttosto, preoccupati di quanto riesci ad accogliere la diversità di pensiero. Di quanto riesci ad essere tollerante e di quanto contribuisci al benessere di un’organizzazione. 

“Solo riconoscendo il diritto dell’altro ad estendere il proprio controllo sulla realtà possiamo creare le condizioni perché il controllo non sia mero strumento di sopraffazione, ma veicolo di crescita individuale e collettiva” (Gian Vittorio Caprara, Le ragioni del successo).

Emanuela Mostrato

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