Aprile 28, 2024
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La Gran Bretagna torna a guardarsi indietro e traccia un primo bilancio in chiaroscuro della nuova era affidata alle redini di un re 74enne inevitabilmente “di transizione”, il più anziano mai incoronato nella storia dell’isola.

Si prepara a ricordare l’indimenticata Queen Elizabeth, La Regina Elisabetta

scomparsa l’8 settembre 2022 – senza manifestazioni pubbliche particolari: in omaggio a quella sobrietà e intimità da lei stessa praticata in occasione di tutte le commemorazioni familiari.

L’anniversario non può d’altronde passare certo sotto silenzio. Troppo fresca la memoria di quell’annuncio solenne con cui la Bbc, seguita a ruota dagli altri media, fu autorizzata da Buckingham Palace in un pomeriggio di fine estate a comunicare ai sudditi britannici, al Commonwealth dei Paesi dell’ex impero e al mondo la notizia della morte di “Sua Maestà”, spentasi nell’amata residenza scozzese di Balmoral a 96 anni e dopo 70 di regno da record; e quella parallela della successione ipso facto dell’eterno erede. Un evento atteso nella logica delle cose e dell’anagrafe. Ma da cui la psicologia collettiva rifuggiva.

Un evento che tutti – inevitabilmente quanto fatalmente – hanno finito per accettare e digerire

Spostando in fretta l’attenzione del dibattito pubblico alimentato da chi s’interessa di faccende reali su Carlo, sul nuovo nuovo erede al trono William, principe di Galles, e sul resto di chi oggi rappresenta casa Windsor. Ecco quindi che la data dell’8 settembre diventa un’occasione a doppia chiave: per rievocare la figura della monarca scomparsa, ma anche e soprattutto per far il punto sull’anno 1 della nuova era. Un momento di riflessione che re Carlo trascorre con l’inseparabile regina Camilla sua consorte proprio a Balmoral, nel rispetto dell’immutabile rito estivo delle vacanze scozzesi legato al nome della madre. Nonché della tradizione di una ricorrenza da osservare in forma strettamente privata – senza neppure radunare i vertici della Royal Family al gran completo – come lei era solita fare gli anniversari della morte di suo padre, re Giorgio VI.

Mentre a giornali, commentatori e sondaggisti non resta che esercitarsi sui pro e i contro, sulle luci e le ombre del primo anno di King Charles

sulle sfondo degli affanni economici e politici generali del Paese del post Brexit, come pure dei contrasti interni al casato, delle code di scandali vecchi e meno vecchi, degli interrogativi sui costi della monarchia, degli impegni su uno snellimento della sua struttura messi in parte in soffitta o lasciati a ipotetiche riforme più incisive da rinviare – secondo le ultime indicazioni aggiornate dei megafoni di corte – alla responsabilità del più giovane William, quando verrà il suo turno. Un anno d’intensa attività istituzionale interna e internazionale, comunque, come sottolinea fra gli altri il filo-conservatore Daily Telegraph, evocando un attivismo oltre le attese da parte di un sovrano cui nessuno può negare maturità o esperienza. Sovrano in buona forma, malgrado l’età non più verde, e capace se non altro di battere in questo arco di tempo il primato d’impegni ufficiali svolti nei 12 mesi d’esordio, nel lontano 1952-53, dall’allora 26enne Elisabetta II.

Carlo si vede riconoscere intanto stabilmente come “un buon” re da circa il 50% dei britannici

secondo le rilevazioni periodiche di Ipsos, mentre solo un 10-12% gli imputa di fare “un cattivo lavoro”. Tendenza che contribuisce al consenso complessivo verso l’istituzione monarchica: consolidata a dispetto di molte previsioni nel dopo-Elisabetta a quota 62%, stando alla più fresca indagine demoscopica nazionale firmata YouGov. Numeri non in grado allontanare peraltro tutte le grane che continuano a incombere sia sul Regno sia sulla dinastia “in transizione”. Come conferma – più delle contestazioni delle nicchie repubblicane o di qualche episodico lancio di uova – il forte sbilanciamento sia generazionale sia fra bianchi e minoranze (allarmante in prospettiva demografica) della suddivisione di questi consensi: solidissimi fra gli over 65 sino a toccare un plebiscitario 77%, assai meno nella fascia dei più giovani (18-24 anni), che solo al 30% guarda alla corona come qualcosa di “utile” per l’avvenire. Fascia d’età molto più fredda del resto verso lo stesso Carlo come persona, ma anche verso il suo più popolare delfino 41enne William o la consorte Kate. E parallelamente meno ostile rispetto a una larga maggioranza complessiva del Paese alle recriminazioni interne alla Firm alimentate nell’autoesilio americano dal principe cadetto ribelle Harry e da sua moglie Meghan.

La redazione

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