Ottobre 18, 2024
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Amo l’autunno con il suo assonnato strofinarsi del mare sugli scogli, la pigrizia del giorno che non ha voglia di cedere il passo alla sera. Amo i pomeriggi d’autunno vestiti con i miei colori preferiti, le donne che cominciano finalmente a coprirsi, lasciando così alla fantasia dell’uomo il piacere di spogliarle con gli occhi prima che con le mani.
In autunno certe strade hanno odore di vino, di castagne, di camini e di promesse, mentre il cielo si arricchisce di ulteriore fascino nell’ora del crepuscolo.
Amo dell’autunno i giorni di scuola con i bambini che cercano di fare quel che gli pare e i genitori che imparano a lasciar fare ai propri figli quello che gli pare, ancora per un po’, perché non è ancora il tempo di dover dedicare quasi tutta la propria vita alle regole imposte da una società che bara e si prende gioco di noi.
Amo la sensualità delle donne in autunno, con quelle magnifiche gambe appena velate e le scarpe con il tacco alto a far da cornice a caviglie sottili che sfidano le leggi della fisica. Amo la sensualità del trucco che diventa più sfacciato, i capelli posseduti dal vento, le gonne corte e le cosce che si perdono in passeggiate erotiche scortate dalle autoreggenti mentre gli sguardi si avvitano nell’aria ricadendoti addosso, caldi e pericolosi come scintille, lasciandoti sulla pelle e tra i sensi intensi bagliori di luce.
Autunno, stagione malinconica come il sottoscritto, amata da certi sognatori che si ostinano a cercare il bello dove più si nasconde, tanto da riconoscere in ogni viale invaso da foglie ingiallite e morenti, un cammino fiorito di emozioni.
E mentre passeggio con il naso per aria, immerso nei riflessi di luce autunnale, penso a chi ora, raccolta l’uva la predispone al torchio per farne vino buono. Ecco, è così che mi piace immaginare i miei frutti in questa stagione, frutti dei miei sacrifici, del mio lavoro, dei miei errori, che finalmente saranno raccolti e pronti per divenire qualcosa di buono, pregiato non saprei, ma buono. Sì, buono.

Amo l’autunno perché il mondo si colora d’oro, di malinconia e di pioggia. A ogni angolo sembra che la natura ti stia abbandonando per sempre, mentre è solo l’ennesimo arrivederci. Mi specchio in un viale alberato invaso dalla pioggia e vedo un uomo che ha sul viso il residuo di un sogno e il principio di un pensiero nuovo.
Osservo le foglie volteggiare nell’aria e penso che mi sento così oggi, malinconico, sereno e con il cuore leggero leggero pronto a volteggiare sospeso tra soffi soffici di felicità.

Giovanni Scafoglio

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