Maggio 1, 2024
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In Parlamento sono arrivate le proposte di legge sulla settimana corta nelle aziende. Le proposte sono tre e sono state rispettivamente presentate da tre partiti: Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico. L’obiettivo dei tre disegni di legge è quello di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, garantendo ai datori di lavoro che scelgono di adottare questo sistema una riduzione dei costi e dei contributi. Al momento, le proposte dei tre partiti sono vagliate dalla Commissione lavoro presso la Camera.

I dettagli delle proposte di legge sulla settimana corta

Ognuno dei tre partiti ha proposto un monte ore di lavoro settimanale. Nello specifico, Alleanza Verdi e Sinistra ha proposto 34 ore, il partito Cinque stelle 32 ore e il Partito Democratico 35 ore. Ma non solo. Il testo di Avs ha esposto la possibilità di istituire un fondo di incentivazione alla riduzione dell’orario di lavoro per i datori che adottano diminuzione di almeno il 10% dell’orario settimanale. Il fondo sarebbe finanziato tramite un tassa sui patrimoni mobiliari e immobiliari superiori a 3 milioni di euro. 

Invece, il M5S ha suggerito l’esonero contributivo previdenziale e assicurativo fino a 8mila euro annui per tre anni. Infine, il PD ha previsto il 30% dell’esonero contributivo per ogni lavoratore. 

Al di là dei tre disegni di legge, c’è da specificare che in Italia già esistono realtà aziendali che hanno deciso di adottare la settimana corta. Il governo, infatti, non ha mai posto un veto in tal senso. 

Le organizzazioni italiane che hanno intrapreso questo sistema sono Luxottica, Intesa Sanpaolo, Sace, Lamborghini, Tria

Poi ci sono i progetti Pilota, ovvero quelli del Regno Unito e del Portogallo. Nel Regno Unito sono ben 61 le aziende che hanno deciso di sperimentare la settimana corta a parità di stipendio e di produttività. Le ore di lavoro settimanali previste sono 32 ore. In Portogallo, invece, da Giugno 2023 è partito un progetto per la settimana corta che coinvolge 46 aziende. 

L’Università di Cambridge ha analizzato gli effetti delle 61 aziende del Regno Unito che hanno sperimentato la settimana corta e i dati emersi sono pressoché positivi: riduzione dei sintomi di burnout, diminuzione dello stress, calo dei giorni di malattia e del numero di dimissioni. Sempre da quest’analisi è stato rilevato che i ricavi delle aziende non hanno subito danni.

Va da sé che per quanto la settimana corta possa produrre dei benefici sia per l’azienda che per i lavoratori, non tutte le organizzazioni possono adattarsi a questo cambiamento. Tutto dipende dalla tipologia del settore, dalla cultura aziendale, dal modello di gerarchia vigente (orizzontale, verticale). 

Sta di fatto che tutte le realtà aziendali sono chiamate ad aprirsi a nuove opportunità, a riorganizzare il proprio sistema al fine di favorire il benessere dei propri collaboratori. E per farlo non c’è altro modo che mettere le persone al centro, ascoltarle, puntare sulla qualità del lavoro e non sulla quantità, sulla fiducia e non sul controllo.

Le nuove sfide del mondo del lavoro

La settimana corta potrebbe anche non diventare legge, ma il nocciolo della questione è un altro: manager, leader, dirigenti devono guidare le trasformazioni che stanno investendo il mondo del lavoro. C’è bisogno di professionisti pronti a farsi portavoce del cambiamento, pronti a essere traghettatori dell’innovazione e a prendersi in carico le sfide di questo tempo. Inclusione, diversità, sostenibilità, equità sono alcune delle attuali sfide che le organizzazioni sono chiamate ad affrontare per restare sul mercato.

Serve un elevato livello di consapevolezza e di attenzione verso quella che è la leva del presente e del futuro delle organizzazioni: il capitale umano

La settimana corta, in fondo, è una delle tante iniziative che riflette la direzione verso cui sta muovendosi il mondo del lavoro, ovvero quella del benessere psicofisico dei dipendenti. Le persone non vogliono più rinunciare alla qualità della loro vita lavorativa e le organizzazioni devono attrezzarsi per favorire la conciliazione tra vita privata e vita professionale. Devono saper celebrare l’unicità di ogni singola persona, valorizzare il tempo dei collaboratori, dando eco ai loro bisogni e ai loro desideri. 

Emanuela Mostrato

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