Aprile 20, 2024
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La Fondazione AIOM ha lanciato una campagna di raccolta firme online per chiedere che il Diritto all’oblio oncologico diventi legge. Lo scopo è evitare la discriminazione sul piano sociale che spesso gli ex pazienti incontrano una volta guariti.

Si punta al raggiungimento di 100 mila firme che verranno portate al Presidente del Consiglio per chiedere l’approvazione della legge.

Al momento, in Europa già Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo hanno emanato la norma per il Diritto all’oblio oncologico.

Facciamo chiarezza su cosa sia il Diritto all’oblio oncologico e cosa chiede questa campagna.

Le discriminazioni degli ex pazienti oncologici

Mentre da un lato la scienza ha fatto passi da gigante nella cura del cancro, il sociale è rimasto indietro.

Nonostante la percentuale di sopravvivenza al cancro sia aumentata (65% donne, 59,4% uomini), molte persone guarite vedono negato l’accesso ai servizi. La testimonianza di Laura, ex paziente oncologica, ne è un esempio:

“Vent’anni fa ho avuto un tumore al seno. Faccio la ballerina da sempre, e qualche tempo fa ho deciso di lasciare il mio lavoro in ufficio per aprire una scuola di ballo. Ho preso appuntamento in banca per capire che tipo di mutuo potevano concedermi. Mi è stato chiesto delle mie condizioni di salute passate e attuali. Quando ho chiesto spiegazioni all’impiegato, mi ha anticipato che probabilmente un mutuo a lungo termine non mi sarebbe stato concesso per via del tumore.”

Laura, 45 anni – Roma

Ad oggi, nel nostro Paese, 3,6 milioni di persone hanno ricevuto una diagnosi di cancro. Di questi, circa 1 milione sono guarite.

Molte di queste persone, però, hanno subito o subiranno una discriminazione proprio per la loro malattia passata.

Le discriminazioni riguardano l’accesso ai servizi quali richiesta di mutuo, di prestiti, di assicurazione, di adozioni e finalizzazione di contratti di lavoro.

Si da per scontato che una persona che ha avuto un tumore abbia le ore contate anche una volta guarita.

L’impatto psicologico

L’impatto psicologico è facilmente intuibile. Ricevere una diagnosi di tumore è un forte shock.

Le cure e gli effetti collaterali connessi sono altrettanto pesanti e invalidanti. Sia sul piano fisico che sul piano psicologico.

Anche le persone accanto a pazienti oncologici si trovano scossi e possono non reggere il colpo. Per questo è molto importante avere un supporto psicologico a sostegno dei pazienti e delle persone a loro vicine.

Anche dopo la fine delle cure, la paura che il tumore possa tornare è uno blocco alla serenità di una vita normale. Paura che può durare anni.

Quando una persona guarisce da un tumore vuole solo lasciarsi alle spalle tutto quello che ha passato. E invece cosa succede? Che vede rifiutate le sue legittime richieste proprio a causa di quella malattia…

Immaginiamo una giovane donna che scopre di avere un tumore. Che vita la aspetta una volta guarita?

Probabilmente non riuscirà a comprarsi casa perché vedrà negata la richiesta di mutuo. Non riuscirà ad adottare un bambino e avrà difficoltà a concludere un contratto di lavoro.

Tutto questo per una malattia che non ha scelto di avere.

E un bambino al quale viene diagnostico un tumore? Sarà discriminato per tutta la vita a causa di questo?

Cos’è il diritto all’oblio e cosa chiede questa iniziativa?

Il diritto all’oblio è una norma che permette di non dichiarare di essere stato paziente oncologico in fase di stipula di contratti lavorativi, richiesta di mutui, prestiti, assicurazioni e adozioni.

Ad oggi, è infatti necessario dichiarare il proprio pregresso di salute se si vuole accedere a diversi servizi.

La legge per il diritto all’oblio permetterebbe di non considerare più paziente oncologico:

  • Chi ha avuto un tumore solido in età pediatrica, dopo 5 anni dal termine delle cure
  • Chi ha avuto un tumore solido in età adulta, dopo 10 anni dal termine delle cure

L’iniziativa si riferisce ai pazienti guariti. Per paziente guarito si intende un soggetto che ha raggiunto la stessa probabilità di vita di un soggetto che la patologia non l’ha avuta.

È inaccettabile che, ad oggi, non vengano considerati i progressi delle cure oncologiche e che cancro sia ancora sinonimo di fine della vita.

Avere un tumore non è una colpa e non può essere un marchio a vita che impedisce l’accesso a certi diritti sociali.

Non è detto che un domani l’iniziativa non possa espandersi anche ai pazienti cronici, ovvero coloro che, tramite le cure, tengono sotto controllo la malattia. Queste persone, infatti, possono essere paragonate a chi ha l’ipertensione o il diabete e ha un’aspettativa di vita che può essere anche molto lunga.

Firmiamo QUI questa importante campagna per il Diritto all’oblio oncologico e condividiamola sui nostri canali social con l’hashtag #iononsonoilmiotumore.

Facciamo la nostra parte per mettere fine a questa discriminazione.

Francesca Bazzoni

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