Maggio 2, 2024
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Quante volte si finisce per credere di non meritare i propri successi? E perché succede? Questo stato psicologico prende il nome di “Sindrome dell’impostore”. Questa sindrome è stata teorizzata negli anni ‘70 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes. Chi ne è colpito tende a sminuire le proprie capacità, attribuendo a cause esterne tutti i traguardi raggiunti. La persona in balia di questa distorsione cognitiva non si sente degna delle competenze personali. Si sente piuttosto un “impostore” rispetto al proprio valore. 

Come ci si libera da questa condizione di inefficacia del Sé?

Ci si libera da questa condizione iniziando a lavorare sull’autostima. Non quella narcisistica. Altrimenti si sfocia nella sindrome opposta, ovvero quella secondo cui si tende a sopravvalutare le proprie capacità. SI tratta delleffetto Dunning Kruger e chi ne è affetto è convinto di conoscere più di quanto realmente sa. 

Dunque, per superare il senso di inadeguatezza, di certo non bisogna sovrastimare le proprie competenze. Ma serve avere una sana stima di Sé, che deve portarci a credere di essere meritevoli dei nostri traguardi. In fondo, se si raggiungono degli obiettivi importanti è perché abbiamo dei meriti. E questi meriti vanno riconosciuti e attribuiti a disposizioni interne. Non a cause esterne. 

Avere dubbi e debolezze è umano. Però, la fragilità deve diventare un punto di forza. Un segnale che deve renderci consci di quanto siamo capaci di fare. Se le debolezze ci abbattono vuol dire che c’è disordine nella nostra coscienza. 

“Le radici dello scontento sono interne e ognuno deve sbrogliarsela da sé con i suoi mezzi” (Mihàly C)

Quindi bisogna capire le cause del proprio scontento e lavorare sull’auto-efficacia. Ovvero sulla capacità personale di raggiungere scopi e obiettivi. Senza attribuire a cause esterne quel che si ottiene. Anzi, bisogna dedicare attenzione alle esperienze che portano con sé una ricompensa. Se si fanno dei sacrifici, se si lavora sodo per conseguire un successo, la ricompensa la dobbiamo a noi stessi.

Non siamo impostori di nulla se la nostra energia psichica ci consente di affermarci come persone e come professionisti.

Sono le false credenze che si impongono nel nostro cervello e tocca a noi scacciarle attraverso l’autocontrollo. A volte, la sindrome dell’impostore è figlia di esperienze familiari frustranti. 

Nel corso della propria crescita può capitare di non sentirsi compresi dai propri genitori. Quest’ultimi, spesso riflettono sui figli delle aspettative, senza tener conto di ciò che essi realmente vogliono essere. Di conseguenza, nascono conflitti che rendono la persona non libera di esprimere la propria identità. 

Se chi si è occupato della nostra crescita è stato supercritico, risulterà più semplice credere di non meritare i propri successi. Questo perché ci è stato trasmesso un senso di manchevolezza. Talvolta, questa sensazione può essere causata anche dalla società in cui viviamo. Il mito della perfezione, l’ossessione per la performance, la smania di fare per voler piacere. Ecco, tutti questi elementi sono nocivi per lo sviluppo della persona.

La società vuol far credere di non essere mai abbastanza e mai all’altezza. Come se ci fosse sempre qualcuno migliore di noi. E questo qualcuno è un nemico da scavalcare. Ed invece non è così. Bisognerebbe concentrarsi sul proprio Io, imparare dalle esperienze autoteliche, le quali sono fini a sé stesse. Se si agisce per compiacere gli altri non si può godere di benessere interiore.

Bisogna fidarsi delle proprie capacità. Essere fedeli al proprio potenziale e non permettere che qualcuno schiacci l’energia interiore. Occorre concentrarsi sulle possibilità che ci offre l’ambiente circostante, scoprire il Nuovo e trovare soddisfazione nelle esperienze immediate. 

 “Ognuno ha il proprio percorso e lo deve seguire per stare bene. Se dai tutto, i fallimenti sono esperienze su ci costruire il passo successivo e non eventi traumatici”.

Da una conversazione con un mio collega di lavoro, è emerso che la sindrome dell’Impostore può essere sconfitta dalla Profezia che si autoadempie. Secondo questa profezia, se definiamo certe situazioni come reali, possono esserlo anche nelle conseguenze.

Quindi, piuttosto che pensare di non essere meritevoli, iniziamo a credere realmente il Noi. In questo modo, l’energia positiva farà il suo corso.

Emanuela Mostrato

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