L’escalation di rapimenti di massa in Nigeria ha portato il presidente Bola Ahmed Tinubu a mobilitare l’esercito nella speranza di rintracciare gli studenti sequestrati il 7 marzo 2024 durante un attacco armato alla scuola di Kuriga, nello stato di Kaduna. Circa 280, forse fino a 300 alunni tra i 8 e i 15 anni, sono stati rapiti. Ciò ha causato allarme a livello internazionale, suscitando reazioni da organizzazioni come l’Unicef e Amnesty International. Nessun servizio sui Tg, nessun articolo in prima pagina per questi 280 bambini rapiti da una scuola in Nigeria.
L’incidente ha visto la scomparsa di 187 ragazzi dalla scuola secondaria e di 125 bambini dalla scuola elementare di Kuriga
Anche se 25 bambini sono poi tornati, le stime attuali suggeriscono che il numero di rapiti potrebbe stabilire un tragico record. Il terribile primato apparteneva al noto caso di Chibok del 2014, quando 276 bambine furono rapite da Boko Haram. Molte di queste non sono mai state ritrovate.
Questi rapimenti sono opera dei cosiddetti ‘bandits’, gang di delinquenti armati che si alimentano della povertà e della speranza di guadagni facili in Nigeria. Una nazione con oltre 210 milioni di persone e afflitto da violenze endemiche. La situazione è aggravata dalla legge del 2022 che vieta i pagamenti dei riscatti, sebbene questa non sia mai stata veramente applicata, costringendo le famiglie delle vittime a ricorrere a collette comunitarie per liberare i loro cari.
Questo fenomeno si aggiunge alla guerra civile scatenata da Boko Haram nel 2009, che ha causato almeno 40.000 morti
La crisi dei rapimenti, dopo un periodo di relativa calma, ha ripreso a crescere a dimensioni impressionanti. Dal maggio dello scorso anno, quando Tinubu è stato eletto con la promessa di porre fine alla violenza, sono state registrate 3.964 vittime di rapimenti fino a gennaio.
La promessa di Tinubu di utilizzare le forze speciali dell’esercito per rintracciare i rapitori e la dichiarazione di giustizia decisiva offrono una speranza nel contesto di una crisi profonda e complessa, che vede coinvolti sia terroristi islamici sia criminali comuni. Il governatore dello stato di Kaduna, Uba Sani, ha inoltre assicurato che nessun bambino sarà abbandonato, sottolineando l’impegno delle autorità nigeriane nel contrastare questa piaga e sostenere le famiglie colpite.
Circa 300.000 bambini sono stimati essere combattenti in circa trenta conflitti in tutto il mondo, con quasi mezzo milione di bambini che servono in eserciti non attualmente in guerra
Il fenomeno dei bambini rapiti per diventare soldati o membri di gang è diffuso in diversi paesi in tutto il mondo. Secondo l’ONU, i bambini vengono ampiamente utilizzati come soldati in almeno 14 paesi, tra cui Afghanistan, Colombia, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Mali, Myanmar, Nigeria, Filippine, Somalia, Sudan del Sud, Sudan, Siria e Yemen.
La situazione è particolarmente grave in alcuni paesi:
- Repubblica Democratica del Congo (DRC), Somalia, Siria e Yemen sono attualmente i paesi con il maggior numero di bambini soldato.
- Burundi, Colombia, Liberia, Myanmar e Uganda sono tra i paesi dove si è verificato un uso significativo di bambini soldato negli ultimi anni. Questi bambini sono coinvolti non solo come combattenti ma anche in ruoli di supporto come informatori, ladri, messaggeri, spie e schiavi domestici o sessuali.
Questi bambini vengono reclutati per una varietà di motivi: alcuni vengono rapiti, minacciati, costretti o manipolati dagli attori armati, mentre altri sono spinti dalla povertà e dalla necessità di sostenere le loro famiglie. In molti casi, i bambini si associano a gruppi armati per sopravvivenza o per proteggere le loro comunità. La recluta e l’utilizzo di bambini da parte delle forze armate è una grave violazione dei diritti dei bambini e del diritto umanitario internazionale.
Non solo i ragazzi, ma anche le ragazze sono reclutate come soldati. Oltre ai ruoli di combattimento, molte ragazze subiscono abusi sessuali e, in alcuni casi, vengono prese come concubine dai leader dell’esercito
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