Aprile 23, 2024
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Oggi, quando si parla di business, si fa sempre più riferimento all’economia dei desideri e al capitalismo delle passioni. Cosa vuol dire? Vuol dire che le persone sono continuamente alla ricerca di emozioni e che sono quest’ultime a dare la spinta verso il successo. Nell’economia dei desideri, il consumatore non bada al semplice prodotto, ma alla storia che quel prodotto veicola. Non si consuma solo per utilità, ma anche e soprattutto per l’esperienza emozionale che un brand riesce a trasmettere. Motivo per il quale, la narrazione d’impresa nella società contemporanea assume un ruolo di valore. 

In un tempo in cui la comunicazione è il motore di ogni assetto organizzativo, lo storytelling delle imprese è determinante ai fini della produttività. Fare storytelling significa rivolgersi ad un pubblico esterno, comunicare valori, obiettivi, sfide. Significa possedere una brand identity avvincente, singolare e riconoscibile. Una brand identity di successo va ben oltre l’esposizione della merce. Arriva al cuore delle persone, coinvolge la loro sfera emotiva e sensitiva. 

“Ciò che fa la differenza è disporre della migliore autobiografia aziendale” (Andrea Fontana)

Andrea Fontana è il pioniere dello storytelling aziendale, colui che ha scavalcato le linee del marketing tradizionale. Fontana ha scorto nella narrazione un potere economico e ha invogliato le aziende a raccontare delle storie. Si, perché le storie degli altri appassionano, perché è nelle storie che ci si immedesima e sono le storie a suscitare emozioni di gioia e di dolore. Ed è facendo leva sui sentimenti dell’Altro che le imprese possono accelerare il loro business. Un’autobiografia aziendale, infatti, deve saper attrarre il suo pubblico di riferimento. E deve farlo soprattutto attraverso l’arte della narrazione.

“Uno dei segreti dello storytelling è che la storia importante è quella degli altri e quindi, come primo step, deve essere valorizzata cercando di capire che tipo di impresa si è e come si può evolvere rispetto alle esigenze e alle richieste del mondo” (Andrea Fontana).

Ma cos’è lo storytelling?

Lo storytelling secondo lo scrittore Christian Salmon è “una tecnica di comunicazione accattivante, è uno strumento di controllo e potere”. Il potere di questa tecnica consiste nel generare economia grazie alla costruzione di una solida identità d’impresa. Consiste nel conoscere i bisogni e i desideri del proprio pubblico. Andrea Fontana definisce questa tecnica una vera a propria scienza, in grado di tradurre le cose in percezioni reali e significative. 

In effetti, le imprese che adottano questa tecnica, conferiscono un valore simbolico ai prodotti e/o ai servizi che offrono. In questo senso, la comunicazione non è più finalizzata alla mera informazione. Per fare business non basta informare, né descrivere il perché si è sul mercato. Occorre tessere dei racconti convincenti in cui far riflettere il consumatore. In questo modo, quest’ultimo sarà emotivamente spinto verso un determinato brand. La comunicazione dunque, sedimenta la sua forza nella logica narrativa.

“Viviamo in un tempo in cui si compete narrativamente. Si racconta per posizionare un prodotto, per dare significato commerciale a una marca, per ottimizzare un’identità digitale, per coinvolgere su un progetto di vita” (Andrea Fontana).

Va da sé che, i racconti che un’impresa sceglie di veicolare, necessitano di ricerca e studio. E’ fondamentale innanzitutto puntare su una comunicazione coerente con il proprio brand. Le persone cercano la verità e la chiarezza, altrimenti non potrebbero emozionarsi. 

Inoltre, è senz’altro importante conoscere il proprio target. Capire chi sono i clienti, che bisogni hanno, per cosa manifestano interesse. Serve comprendere quali sono le emozioni che bisogna evocare. Quali suoni e quali colori diffondere per instaurare una relazione di fiducia con il pubblico.

Insomma, le imprese del presente e del futuro sono quelle che proiettano all’esterno le strategie di produzione

Sono quelle che hanno colto il potere della narrazione e della sintonizzazione umana con il mondo “fuori”. Per queste organizzazioni il brand è molto più che un’icona. Il brand è rappresentato dai dipendenti, dai partner, dai clienti. Ed è grazie a loro che si tessono le trame dei racconti. In tal senso, il rapporto tra azienda, collaboratori e stakeholder esterni è essenziale per mantenere viva la brand identity.

Fulvio Carmagnola, professore dell’estetica della contemporaneità, parla di una fiction economy “dove la parte simbolica, emotiva e valoriale della realtà ha la meglio su quella utile e funzionale”. In questa fiction economy, la narrazione di un prodotto è molto più importante del prodotto in sé e della sua utilità. 

Quest’economia dei desideri rende collaborativa la struttura del marketing. Già, perché i responsabili dei vari brand non possono prescindere dalle esigenze del consumatore. Torna dunque centrale la figura del prosumer teorizzata da Alvin Toffler. Il prosumer è un consumatore coinvolto nel processo di produzione (producer e consumer). Questa figura indica il protagonismo dei clienti nell’elaborazione di un prodotto e/o nell’erogazione di un servizio. 

Stakeholder interni e stakeholder esterni sono gli attori del marketing collaborativo. La loro interconnessione è essenziale per una corporate identity efficace. 

In questo scenario, lo storytelling d’impresa è una disciplina manageriale che fonde tradizione e innovazione. Da un lato, c’è la tradizione del racconto da sempre esistito, dall’altro c’è l’innovazione di un marketing spirituale che fa business attraverso la narrazione. Sfruttando le potenzialità del mondo analogico e di quello digitale, le imprese del presente possono garantire un futuro solido al proprio brand.

Emanuela Mostrato

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