Maggio 1, 2024
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Consapevoli dei rischi e delle sfide poste dall’espansione dell’intelligenza artificiale, studiosi di varie discipline – dalla filosofia al diritto, passando per la teologia e arrivando all’ingegneria e all’imprenditoria – stanno riflettendo sui confini etici da imporre alle tecnologie emergenti. Questa necessità di riflessione etica nasce per prevenire futuri scenari distopici. Questa nuova disciplina che ancora non pare esistere l’abbiamo chiamata Techneosofia.

Le applicazioni degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale da parte dei governi variano ampiamente

Le finalità vanno dalla supervisione di infrastrutture critiche fino al monitoraggio dei cittadini. Tuttavia, è noto che questi sistemi non sono esenti da pregiudizi e possono generare conseguenze negative, a volte gravi, a causa di errori o imperfezioni. Fortunatamente, il dibattito si sta spostando dalle questioni di autocoscienza delle IA verso i dilemmi etici del loro impiego. Un algoritmo, nella sua accezione più semplice, è un processo per risolvere problemi mediante passaggi definiti. Tuttavia, questa definizione basilare non coglie l’essenza matematica precisa di tali sistemi, pur essendo utile per comprenderne le funzioni basilari.

Ad esempio, la preparazione di un piatto, la compilazione di una dichiarazione dei redditi o l’organizzazione di un viaggio spaziale possono essere visti come la sequenza di passaggi algoritmici. Yuval Noah Harari suggerisce addirittura che l’intera biologia possa essere interpretata come una serie di algoritmi frutto dell’evoluzione.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un’esplosione di algoritmi artificiali che modellano profondamente la nostra esistenza

Gli algoritmi ci suggeriscono musica da ascoltare, film da vedere, prodotti da acquistare e notizie da leggere, influenzando così la nostra quotidianità in modi che spesso nemmeno percepiamo. Gli algoritmi di profilazione hanno rappresentato un salto significativo, passando da sistemi statici a veri e propri meccanismi di apprendimento e adattamento. Questa evoluzione ha dato il via all’era dell’intelligenza artificiale dinamica, che modifica profondamente il nostro rapporto con il mondo circostante.

Algocrazia: la conquista silenziosa degli algoritmi

L’uso degli algoritmi nelle aziende e nei governi sta diventando sempre più sofisticato e pervasivo. Dalla gestione dei dati finanziari all’High Frequency Trading, gli algoritmi stanno sostituendo le decisioni umane in molti settori critici, trasformando radicalmente le modalità di funzionamento delle nostre società.

L’impiego degli algoritmi da parte dei governi si articola in tre modelli principali: gestionale, di controllo e preventivo. Questi modelli vanno dalla semplice gestione del traffico fino al controllo e alla prevenzione di comportamenti potenzialmente pericolosi, come nel caso delle auto a guida autonoma o dei sistemi di sorveglianza utilizzati per monitorare gruppi specifici come gli Uiguri in Cina.

Tuttavia, gli algoritmi non sono infallibili. I danni collaterali possono derivare sia da imperfezioni nella loro programmazione sia da pregiudizi nei dati utilizzati per il loro addestramento. Questi errori possono portare a discriminazioni e abusi, soprattutto quando gli algoritmi sono impiegati in contesti sensibili o critici.

I pericoli dell’Algocrazia

Nel confronto con l’avanzata dell’intelligenza artificiale e l’ascesa dell’algocrazia, emerge un problema fondamentale: il trasferimento crescente di potere, capacità decisionale e libertà di scelta dalle mani degli umani a quelle delle macchine, o più precisamente, a coloro che stanno dietro queste tecnologie. Questa situazione pone in evidenza una doppia stretta: da un lato, poteri privati incarnati da colossi tecnologici come Facebook, Google e Amazon, e dall’altro, poteri pubblici rappresentati dai governi e dalla loro burocrazia.

In questo scenario, come possono i cittadini proteggersi da una realtà dominata sia da poteri privati che pubblici? La risposta risiede nella richiesta di maggiore trasparenza e responsabilità sia dalle piattaforme digitali sia dagli stati che le regolamentano o le utilizzano. La soluzione potrebbe essere una regolamentazione più efficace, come quella proposta dalla Commissione Europea sull’Intelligenza Artificiale, che affronta la definizione e l’applicazione di tali sistemi.

E’ fuor di dubbio che l’Algocrazia rappresenti una sfida complessa, in cui la nostra dipendenza dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale ci espone a rischi di controllo e manipolazione. È necessario un equilibrio tra progresso tecnologico e preservazione dei valori democratici e umani, con un impegno costante per garantire che le decisioni algoritmiche riflettano e rispettino la dignità e i diritti dell’individuo.

Giovanni Scafoglio

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