Aprile 25, 2024
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La condivisione online delle immagini dei minori è una pratica sempre più diffusa. Questa abitudine, definita sharenting, presenta pericoli di cui gran parte dei genitori è inconsapevole. Un’indagine condotta dall’eSafety Commission australiana ha rilevato che circa il 50% dei contenuti diffusi sui siti pedopornografici proviene dai social media. Questo significa che la pedopornografia potrebbe essere controllata se ci fosse un utilizzo più consapevole del digitale. E invece, l’81% dei bambini che vive nei Paesi Occidentali è online prima dei due anni.

Quali sono i motivi che spingono allo sharenting?

In una società iper-digitalizzata, diventare genitori corrisponde quasi sempre ad un desiderio di condivisione. Le immagini dei minori vengono pubblicate ancor prima della loro nascita. Tanti neo-genitori, infatti, iniziano con la pubblicazione delle ecografie. Negli Stati Uniti, il 34% dei genitori pubblica abitualmente ecografie online.

Si palesa una necessità di far sapere ai propri “amici virtuali” tutto ciò che riguarda la crescita del feto. Pratiche come il Baby Shower e Gender Revival sono la dimostrazione dell’incessante ricerca di approvazione circa la propria genitorialità.

Stanno affermandosi una serie di party – provenienti dall’America – i quali ruotano intorno alla celebrazione del nascituro. Si tratta di momenti organizzati nei minimi particolari e che vengono diffusi con entusiasmo sui propri profili social. 

Il problema però non sono questi eventi in sé, perché ognuno è libero di festeggiare una nascita come meglio crede. Il punto è che c’è poco rispetto dei bambini, in quanto non hanno la possibilità di dare approvazione circa la condivisione della loro immagine. Si assiste continuamente alla divulgazione di notizie e foto riguardanti la vita dei minorenni. E nella gran parte dei casi non ci si interroga sulla loro volontà.

I bambini dovrebbero godere del diritto alla privacy e al consenso

Così come dichiarato dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Eppure questo diritto viene violato in modo persistente. E i numeri sulla pedopornografia e sullo sharenting lo confermano.

Il pediatra Pietro Ferrara, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, ha affermato che ogni anno, i genitori europei condividono una media di 300 fotografie dei propri bambini.

Per i genitori delle nuove generazioni è naturale mostrare agli utenti dei social media tutto ciò che riguarda la sfera privata dei loro figli. Dai primi progressi della crescita, al primo giorno di scuola, le prime pagelle, le uscite con gli amici. Insomma, le tappe evolutive dei bambini sono largamente condivise in Rete. 

E poi, quando questi bambini cresceranno quale sarà la loro reazione? Saranno tutti felici di essere stati proiettati nel mondo digitale senza il loro consenso? La condivisione online delle immagini dei minori è un fenomeno che richiede attenzione e controllo.

I genitori dovrebbero pensare all’imbarazzo che potrebbero provare i loro figli quando, una volta divenuti adulti, si troveranno a guardare alcuni contenuti che li riguardano.

A proposito di privacy, la legge 71/17 sul cyberbullismo, dà la possibilità al minore che ha più di 14 anni, di chiedere la rimozione dei contenuti digitali che lo riguardano. È una legge che intende tutelare il diritto delle nuove generazioni ad una esposizione digitale sicura e libera da rischi e pericoli.

I suggerimenti della Società Italiana di Pediatria per limitare lo sharenting

Per prevenire i rischi derivanti dallo sharenting, la Società Italiana di Pediatria si batte per sensibilizzare i genitori nell’utilizzo corretto dei social media. Nello specifico, la SIP fornisce alcuni suggerimenti:

-evitare di divulgare contenuti troppo dettagliati, come nomi completi o localizzazioni

-non condividere immagini dei propri figli in uno stato di nudità completa o parziale

-attivare notifiche che avvisano quando compare il nome dei propri figli nei motori di ricerca

-familiarizzare con la policy relativa al diritto alla privacy dei minorenni.

Aggiungerei che sarebbe necessario anche promuovere un’educazione all’utilizzo del digitale. Se ne parla tanto, ma nel concreto si fa poco.

I minori non possono pagare le conseguenze di un utilizzo incosciente del web da parte degli adulti. Deve essere rivendicata la loro libertà di scelta e questo può accadere soltanto se si smette di violare la loro identità.

Emanuela Mostrato

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