Ottobre 30, 2024
A ECORANDAGIO ospitiamo e formiamo i giornalisti di domani

Cominciamo un viaggio attraverso un sentiero minato legato al mondo della propaganda, delle omertà, delle cose dette o non dette ma anche di crimini. Fatti e misfatti spesso occultati in maniera più o meno esplicita. Partiamo da un presupposto: non esistono guerre migliori o peggiori. Ogni guerra è un abominio, ma all’interno di ogni conflitto esistono confini che non andrebbero oltrepassati divenendo crimini di guerra. Cominciamo con uno dei personaggi più controversi e discussi: i crimini di Putin. Presunti, accertati o sussurrati.

I crimini di Putin in Cecenia

Era il 9 agosto del 1999 quando un ancora semi-sconosciuto ex-direttore del famigerato KGB, Vladimir Putin, diviene primo ministro della Federazione Russa. Primo atto del neo-premier è ordinare un’offensiva militare per riottenere il controllo dei territori conquistati dai separatisti ceceni dopo la fine della prima guerra nella regione (1994-1996). L’obbiettivo dichiarato era colpire i terroristi jihadisti, purtroppo fu anche la popolazione inerte e incolpevole a pagare un pesante dazio.

Il 21 ottobre 1999 un missile colpì il mercato nel centro della città di Groznyj, provocando la morte di 140 persone. Tra questi molte donne e bambini. Una settimana più tardi un aereo russo attaccò un convoglio di profughi ceceni diretti verso la Repubblica d’Inguscezia. 25 vittime, tra civili, volontari della Croce Rossa e giornalisti. Nel febbraio 2000, l’esercito russo ha bombardato il villaggio di Katyr-Yurt e un convoglio di profughi, uccidendo 363 persone. La maggior parte delle vittime sono finite in una fossa comune.

Amnesty International ha stimato tra le 25 e le 50 mila morti di innocenti nei dieci anni complessivi di guerra scatenata da Putin, ma anche crimini di guerra, stupri e saccheggi da parte dell’esercito e dei mercenari assoldati da Mosca. I gruppi russi per i diritti umani e Amnesty International hanno documentato più di 5 mila sparizioni forzate dal 1999 in Cecenia, all’interno di un quadro che è stato definito “un genocidio”. Ovviamente le atrocità furono commesse anche dagli jihadisti qui riporto un documento che narra il conflitto dalla prospettiva russa.

Strage al teatro Dubrovka di Mosca il 23 ottobre 2002

Quaranta terroristi ceceni delle Brigate Islamiche sequestrarono 850 civili che assistevano a uno spettacolo e li tennero in ostaggio dal 23 al 26 ottobre 2002. Il sequestro si concluse con l’irruzione delle forze speciali russe Osnaz. Le stime ufficiali parlarono di 39 terroristi e 130 ostaggi morti, soprattutto a causa dei gas utilizzati dalle forze speciali. Le indagini porteranno drammaticamente poi alla luce le vere cause del terribile eccidio: Tutti uccisi dal gas.

Human Rights Watch accusano Siria e Russia di crimini contro l’umanità

Dozzine di attacchi hanno ucciso oltre 200 civili e ferito più di 500 persone tra aprile del 2019 e marzo 2020. Diverse organizzazioni internazionali accusano il governo di Damasco e Mosca “di una deliberata strategia militare per distruggere le infrastrutture civili e costringere la popolazione a lasciare le proprie abitazioni, per riprendere più facilmente il controllo”.

Secondo Amnesty International, nella nuova ricerca, “Nessun luogo è sicuro per noi’attacchi illegali e sfollamenti di massa nella Siria nordoccidentale

Vengono esaminati in dettaglio 18 casi, la maggioranza dei quali tra gennaio e febbraio 2020, durante i quali le forze governative siriane e/o russe hanno mirato a strutture sanitarie e scuole nelle province di Idlib, in quella occidentale di Aleppo e nordoccidentale di Hama. Prima del cessate il fuoco, 1 milione di persone a Idlib, è stato costretto a scappare in condizioni disumane.

31 giornalisti uccisi in Russia tra il 27 ottobre 1999 e il 29 maggio 2017

L’organizzazione per la protezione dei giornalisti (CPJ) ha riconosciuto che la Russia è uno dei paesi più pericolosi per i reporter ed il peggiore per quanto riguarda la risoluzione degli omicidi. Al di là dei numeri e delle statistiche, impressiona la scia di sangue che in Russia accumuna le vicende di oppositori, blogger e giornalisti. Da quando Vladimir Putin ha preso le redini del Paese come primo ministro sono 31 i giornalisti assassinati in Russia.

Tra i crimini più efferati, si ricorda quello di Pavel Klebnikov, creatore e caporedattore della versione in lingua russa della rivista Forbes: il 9 luglio del 2004, dopo la pubblicazione della lista delle persone più ricche di Russia, il giornalista fu assassinato all’uscita della redazione di Mosca e morì nell’ascensore dell’ospedale in cui fu trasportato. Il caso è tuttora irrisolto.

Donbass e la guerra a bassa intensità

Dall’aprile 2014 alla fine del 2018 sono state quasi 13 mila le vittime della guerra nel Donbass. Lo ha reso noto la missione di monitoraggio per i diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina. Nello specifico, i civili rimasti uccisi sarebbero 3.300, oltre a 4 mila soldati ucraini e 5.500 miliziani separatisti. In aggiunta, un numero di persone fra le 27 e le 30 mila sono rimaste ferite nel corso del conflitto armato.

Oppositori di Putin

Nel 2009 furono uccisi a distanza di pochi mesi gli attivisti Stanislav Markelov e Natalia Estemirova per le investigazioni sugli abusi del Cremlino, in particolare nel Caucaso. Il 16 novembre dello stesso anno morì in carcere l’avvocato Sergei Magnitsky, arrestato per frode fiscale dopo aver studiato casi di corruzione di alcune imprese russe. Le autorità gli avevano negato le cure mediche. Il 23 marzo 2013 l’oligarca Boris Berezovsky fu trovato impiccato nella sua casa di Sunninghill (Regno Unito). I giudici inglesi non hanno potuto stabilire che si sia trattato realmente di suicidio. Il 27 febbraio del 2015 Boris Nemcov, ex-vicepremier e una delle principali figure di opposizione al regime di Putin fu assassinato a pochi passi dal Cremlino.

Queste sono le accuse e una ricostruzione dei fatti dove ho cercato di indicare tutte le fonti.

Giovanni Scafoglio

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