Aprile 28, 2024
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Sulla colonna di giornale dell’umorista Will Rogers del 24 ottobre 1929 – il cosiddetto Black
Thursday – si leggeva questo: “Quando Wall Street precipitò, c’era da mettersi in fila per trovare una
finestra da cui lanciarsi.”

Ma, le persone si lanciavano davvero dalle finestre durante quel periodo?

Un breve sguardo alle statistiche dei suicidi in quegli anni ci rivela la risposta. Il contesto storico in cui ci troviamo è il crollo della borsa di Wall Street del 29 ottobre 1929. Si tratta di uno dei peggiori crolli nella storia degli Stati Uniti, e anche del resto del mondo. A causa di questo crollo, tanti istituti di credito hanno dichiarato bancarotta e milioni di persone appartenenti sia alla classe più abbiente che a quella media hanno perso i loro risparmi.

Che avessero o no voglia di porre fine alle loro vite dopo questi avvenimenti, c’è da considerare che queste persone hanno dovuto poi affrontare quella che sarà chiamata la Grande Depressione: uno shock economico mondiale che è durato un decennio, dal 1929 al 1939. Insieme alla crisi finanziaria, durante la Grande Depressione le persone hano dovuto affrontare altre sfide, come la Dust Bowl, cioè una serie di tempeste di sabbia che hanno interessato il centro degli Stati Uniti e parte del Canada.

Non c’è da stupirsi che alcuni delle vittime di questa depressione abbiano considerato il togliersi la
vita. Come riporta l’articolo Life and death during the Great Depression, il tasso di suicidi durante
questa decade è effettivamente aumentato. Tuttavia, nel libro The Great Crash 1929, l’economista
John Kenneth Galbraith ha sottolineato che durante i mesi di ottobre e novembre del 1929, il numero
di suicidi era sorprendentemente basso. Il Washington Post conferma questi dati: “dal Black Thursday,
24 ottobre, fino alla fine dell’anno, il New York Times ha riportato 100 tra suicidi e tentati suicidi,
compresi casi provenienti dal resto del paese e dall’estero.

Otto di queste persone si sono lanciate da un edificio, un ponte, una barca o un aeroplano. Metà di questi salti sono stati collegati a perdite subite durante il crollo di wall street. Il numero di “salti” registrati a wall street stessa in questo periodo si riduce a due.”

Lo storico William K.Klingaman, nel suo libro 1929: The Year of the Great Crash (1989), ci indica
che la morte per asfissia da gas era in realtà la forma di suicidio prediletta. Tra le persone che hanno
scelto questo come metodo per porre fine alla loro vita, il Washington Post cita un dentista di Chicago,
un broker di Brooklyn e, ironicamente, anche il presidente della Rochester Gas. Il secondo metodo per
popolarità erano le armi da fuoco. Secondo il Washington Post, il banchiere newyorkese J.J. Riordan –
la più importante figura di spicco in campo finanziario a togliersi la vita – ha scelto una pallottola
come modo per farla finita. Stessa cosa un broker a Philadelphia.

Quindi, si può dire che saltare dalle finestre non era poi un’attività così gettonata

L’unico caso bendocumentato di un suicidio di questo tipo è avvenuto il 2 ottobre del 1929, settimane prima del crollo della borsa. Il New York Times ha pubblicato un articolo riguardante la morte di Warren J. Keyes, il vice presidente della Earl Radio Crporation. L’uomo si è lanciato dalla finestra della sua stanza
all’undicesimo piano dell’hotel Shlton la mattina precedente la pubblicazione dell’articolo. Ha lasciato
un messaggio che prova che la sua morte è derivata dalla perdita di considerevoli somme di denaro
nel mercato azionario di Wall Street. “Siamo al verde. Ad aprile scorso avevo 100000 dolalri, ora sono
in rosso di 24000” si leggeva sul messaggio.

Il fatto che tanti credevano che i salti dalle finestre fossero frequenti è dovuto anche alle dichiarazioni
di Winston Churchill, che è stato testimone di uno di questi suicidi mentre si trovava a New York in
quel periodo: “Proprio sotto la mia finestra un uomo si è buttato da quindici piani e si è infranto al
suolo”.

La parola di una figura di spicco, insieme a quella di un comico, sono state capaci di dar vita ad
un mito sorprendente duro a morire.

Elsa Buonocore

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