Marzo 19, 2024
A ECORANDAGIO ospitiamo e formiamo i giornalisti di domani

Tra l’ovvietà dell’indifferenza e la possibilità della vicinanza, la società ipermoderna ha spinto l’uomo verso il disincantamento del mondo. La cultura dell’indifferenza, sembra così ovvia, da far dimenticare all’uomo la cultura del bene comune. È ovvio pensare a sé stessi, è ovvio voltare le spalle a chi chiede aiuto. È ovvio mostrarsi indifferenti verso le sofferenze dell’Altro. Ma, in realtà, l’unico aspetto ovvio è l’egoismo di cui l’uomo è vittima. L’Io prevale sul Noi, ed è così che la possibilità dell’amore verso il prossimo, viene oscurata. 

Già, perché l’egoismo non trova spazio per l’altruismo, né per l’appartenenza. La convinzione di un uomo indifferente, è che vivere di amor proprio sia la scelta più giusta. Si finisce, purtroppo, per credere che l’unico tempo fruttuoso sia quello dedicato all’Io.

Quanto è distruttiva questa cultura dell’indifferenza? Ci lascia ignorare gli aspetti più umani e ci libera da ogni responsabilità etica e morale. La verità, però, è che non esiste libertà senza condivisione. Non può esistere il singolo senza la collettività. Essere indifferenti verso il senso comune non fa altro che generare estraneità. Non ci rendiamo conto però, che in questo modo, distruggiamo il mondo in cui viviamo. Eppure, da un anno a questa parte, stiamo vivendo un tempo difficile. Un tempo che dovrebbe esortarci alla vicinanza, piuttosto che alla lontananza. Ed è proprio in virtù di questo periodo storico complesso, che dovremmo riflettere di più sul senso comune.

“Cancelliamo l’Io per il bene di tutta l’umanità” (Papa Francesco)

Papa Francesco – in una recente intervista trasmessa al Tg5 – ha chiesto all’intera comunità di far prevalere la vicinanza sull’indifferenza. Un appello che fa riflettere su quanto l’egoismo sovrasti l’uomo e lo allontani dai rapporti umani. Ed invece, proprio in un periodo storico come questo, l’uomo dovrebbe bandire la cultura dell’indifferenza. Per combatterla occorre credere nel valore del “noi”. L’individualismo, di certo, non può aiutarci a cancellare il cinismo delle nostre azioni quotidiane. A volte, si fa persino fatica a rendersene conto del proprio egocentrismo. Questo accade perché si è fin troppo abituati a vivere in maniera strumentale e distaccata. 

Allontanare l’ovvietà dell’ indifferenza attraverso la strada possibile della vicinanza

La vita nella metropoli ha sicuramente contribuito a rendere gli individui più indifferenti verso i sentimenti. Il sociologo George Simmel, ha parlato a tal proposito di individui blasé, ovvero distaccati e disincantati. L’uomo blasé è assorto dai rapporti funzionali e impersonali e non ha tempo per coltivare i valori dell’umanitarismo. Ed è proprio questo il punto: trovare il tempo per guardarci dentro ed interrogarci sui nostri limiti. Solo così è possibile osservare il mondo con occhi diversi e rendersi conto di quante poche carezze riserviamo all’Altro. Motivo per cui, l’ovvietà di una vita condotta nell’indifferenza, necessita di conoscere il valore dell’incontro. 

Abbiamo bisogno di gente che tende la mano, di persone capaci di avvertire il dolore di chi gli sta a fianco. Basta proseguire per la propria strada, fingendo di non vedere, né sentire. Dove ci porterà tutta questa indifferenza? Alla “disattenzione civile”: questa l’espressione che ha utilizzato Erving Goffman nello studio della società urbana.

Disattenzione civile vuol dire freddezza e apatia verso ciò che ci circonda. Siamo disattenti perché pensiamo solo ai nostri impegni e alle nostre difficoltà. Mentre gli altri non esistono, sono estranei, non ci appartengono.

Ed invece, apparteniamo tutti allo stesso mondo. Ognuno coi suoi guai e con le sue sofferenze, ma tutti con lo stesso bisogno di amare ed essere amati. Bisogna disarmarsi dalla pretesa di voler essere sempre forti e abbandonarsi alle proprie fragilità. 

Se si perde il carattere etico delle relazioni umane, si smarrisce il senso della vita. La vita che si arricchisce solo se condivisa, soprattutto nei momenti più difficili. La vicinanza è dunque la sola cultura capace di abbattere il confine tra l’Io e il Noi. 

Restare piuttosto che scappare. Ascoltare anziché che sentire. Guardare invece di vedere. Sono sottili, ma essenziali differenze per cominciare a familiarizzare con la vicinanza e a defamiliarizzare l’indifferenza.

Emanuela Mostrato

Se ti è piaciuto, leggi anche: “La piaga sociale dei nuovi poveri”

Show Full Content
Previous Com’è lavorare in un carcere minorile?
Next Fenomeno Hikikomori e pandemia. Chi sono questi ragazzi?
Close

NEXT STORY

Close

Sharenting. La condivisione online delle immagini dei minori

Maggio 8, 2023
Close