Aprile 16, 2024
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Il numero degli sbarchi clandestini nei primi mesi del 2023 è in aumento. Di conseguenza anche il numero delle vittime continua a salire e tocca ormai quota 26mila in dieci anni. Già 225 nel solo 2023, calcolando quelli del naufragio di oggi davanti alle coste crotonesi. Erano stati 2.406 nel 2022. 

Sono le vittime dei viaggi della speranza

Migranti partiti dall’Africa e dall’Asia col sogno di raggiungere l’Europa. Tragicamente annegati durante la traversata, prima di toccare terra. A volte a pochi metri dalla meta come è accaduto per l’ultimo barcone partito dalla Turchia. Il Mediterraneo diventa cos’è un vero e proprio cimitero che inghiotte i corpi senza più restituirli per la sepoltura o l’identificazione.

E’ l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) a tenere il conto delle vittime con il Missing migrant project, attivo dal 2014

Il progetto prende in considerazione tre rotte: Mediterraneo Centrale, Occidentale e Orientale. La prima, che collega Libia e Tunisia all’Italia, è la più letale in tutto il mondo. Oltre 17mila tra morti e dispersi registrati dal 2014 ad oggi. E c’è evidenza che molti naufragi restano ‘invisibili’ – appaiono imbarcazioni senza nessuno a bordo, oppure affiorano resti di barche – sfuggendo così al conto dell’Oim. Il numero delle tragedie è dunque sottostimato. Le cause dell’alta mortalità di questa rotta? E’ la più frequentata, ma c’è anche da considerare che i trafficanti di uomini impiegano gommoni e barche spesso fatiscenti.

La strage maggiore del Mediterraneo centrale risale all’alba del 3 ottobre 2013

Un barcone di 20 metri partito da Misurata, in Libia, si rovescia a mezzo miglio da Lampedusa. Il bilancio è di 368 morti accertati ed una ventina di dispersi. Otto giorni dopo, altra tragedia, nota come la ‘strage de bambini’: affonda un barcone con a bordo circa 200 persone, tra cui una sessantina di minorenni. Proprio in seguito a questi eventi il Governo presieduto da Enrico Letta lancia la campagna Mare Nostrum, imponente missione di salvataggio in mare come navi ed aerei di Marina Militare ed Aeronautica.

La sostituisce un anno dopo la missione a guida europea Triton

Si fa però strada il concetto di ‘pull factor’: assetti di salvataggio in mare, è la teoria, condivisa da molti nel Governo attuale, costituiscono un fattore attrazione delle partenze di migranti verso l’Europa. C’è stato quindi un progressivo depotenziamento dell’attività di soccorso Ue nel Mediterraneo. Parallelamente, è scesa in acqua una flotta umanitaria – di ong tedesche in maggioranza, ma anche italiane, francesi e spagnole – che ha provato a non lasciare sguarnito il Canale di Sicilia. In tutti questi anni, tuttavia, i naufragi non si sono mai fermati.

Nel Mediterraneo 26mila morti in dieci anni. Numero destinato ad aumentare di molto nel 2023

Per restare al 2023 lo scorso 14 febbraio si sono registrati 18 morti e 55 dispersi davanti alle coste libiche di Qasr Al-Akhyar, mentre il 24 sono stati 22 i morti a sud di Bengasi, sempre in Libia

I governi cambiano, le missioni si alternano, ma nel Mediterraneo c’è un cimitero con 26mila morti in dieci anni. Una soluzione non si riesce a trovare ma la costante è sempre la stessa: sono i più deboli a pagare il prezzo più salato.

Redazione

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