Aprile 27, 2024
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Cos’è che caratterizza una generazione? Sicuramente, la condivisione dello stesso tempo storico è un elemento caratterizzante, ma non determinante. Non si tratta di una mera condivisione del tempo cronologico. Piuttosto, si fa riferimento ad un gruppo esteso di persone che condividono esperienze, credenze, spazi sociali e valori. Ogni generazione è resa unica dagli avvenimenti socio-culturali che l’attraversano. Motivo per cui, lo studio delle diverse epoche rappresenta la chiave per interpretare i fenomeni sociali. Ecco perché, a livello sociologico, si intende l’appartenenza generazionale come identità culturale. 

Secondo Karl Mannheim – studioso della questione generazionale – una generazione, si può dire tale se condivide con la stessa carica emotiva gli avvenimenti storici a cui essa è esposta. Avere in comune la collocazione dello spazio non basta. Serve sentirsi parte della medesima storia. Solo in questo modo, può prendere forma una solida identità culturale. Mannheim, sostiene che un vero legame generazionale condivide le stesse esperienze. Si identifica come “generazione” e viene identificato come tale. 

“Non il fatto di essere nati nello stesso tempo cronologico, di essere diventati giovani, adulti e vecchi nello stesso tempo costituisce la collocazione comune nello spazio sociale, bensì la possibilità a esso legata di partecipare agli stessi avvenimenti e contenuti di vita e, soprattutto, di essere esposti alle stesse modalità di stratificazione della coscienza›”(Mannheim).

Le parole di Mannheim trasmettono l’essenza del  legame generazionale. Un legame che supera ogni convenzione. Una sorta di connessione emotiva tra individui che vivono con pathos gli avvenimenti storici del loro tempo. 

Ma quali sono le generazioni che hanno rappresentato una rottura per la continuità storica?

Baby boomer, Generazione  X, Generazione Y, Generazione Z: queste le generazioni che a partire dal secondo dopoguerra, raffigurano l’avvento di periodi storici significativi.

I Baby boomer sono quelli nati tra il 1946 e il 1964, durante il boom demografico. La generazione X, invece, indica coloro che sono nati tra il 1965 e il 1980. Poi, vi è la generazione Y o “Millennials”, la quale  indica le persone nate nel periodo che va dal 1981 al 1996. La generazione Z, infine, racchiude quelli nati tra il 1997 e il 2002.

Ogni generazione è stata attraversata da eventi che hanno designato un passaggio da una “vecchia” ad una “nuova” epoca. I baby boomer, per esempio, narrano un periodo storico caratterizzato da rivoluzioni e lotte per i diritti civili. Ed infatti, molti sono i cambiamenti culturali, sociali ed economici segnati da questa generazione. I baby boomer, in quanto figli dei reduci di Guerra, sono stati mossi da un desiderio di ribellione. Un desiderio che di fatti, ha generato innovazione ed evoluzione. 

La generazione X, invece, ha lasciato il segno nella sua capacità di essere più incline ai cambiamenti. Si pensi alla caduta del muro di Berlino, alla fine della guerra fredda e all’avvento delle tecnologie.

Proseguendo, i Millennials sono la generazione che ha sviluppato una maggiore familiarità con i media di massa e con le tecnologie digitali. Alcune crisi economiche però, hanno reso i membri di questo periodo storico, più incerti verso il futuro. E poi, si arriva alla generazione Z, che caratterizza i cosiddetti “nativi digitali”. Ovvero coloro che sono nati e cresciuti in una società già tecnologicamente avanzata. 

Ognuna di queste generazioni – descritte in breve – ha condiviso codici interpretativi singolari. Ogni epoca storica è quindi raffigurata da un’identità biologica. Ma soprattutto culturale. Si può dunque parlare di “we sense” per descrivere il sentirsi parte di una collettività sociale. Parte di un tutto. E non c’è confine temporale che possa cancellare il “we sense” di una generazione.

Anzi, è proprio attraverso il tempo passato che si può realizzare una costruzione generazionale.

“Il passato è uno strumento che si fa simbolo, e con il quale, dunque si suggella, attraverso narrazioni e quindi prodotti mediatici l’appartenenza generazionale” (Manuel Castells).

Emanuela Mostrato

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