Aprile 25, 2024
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Quiet quitting: di cosa si tratta? È un’espressione nata di recente su TikTok e indica la tendenza a lavorare senza stress, dando priorità alla vita personale. Questo fenomeno coinvolge in particolare i Millennials e i Post-Millennials, due generazioni che stanno vivendo il continuo mutare degli scenari lavorativi. Giovani che vogliono tutelare il loro tempo libero e il loro benessere mentale. Ragazzi e ragazze stanchi di vivere in una società che offre condizioni lavorative sempre più incerte e precarie. 

Sono giovani scottati dall’esperienza pandemica, i quali hanno capito che il lavoro non può portare via tutto il proprio tempo

 Gli stessi che cercano un’occupazione che gli dia modo di bilanciare lavoro e vita privata. E guai a dire che le nuove generazioni non hanno obiettivi, né senso del dovere. Anzi, sanno fin troppo bene cosa vogliono e cosa no. Hanno le idee chiare e per questo fanno sacrifici solo se ne vale davvero la pena. 

I giovani si sentono insoddisfatti rispetto alle reali possibilità di realizzarsi. Vivono in un mondo precario, che non lascia loro pensare al futuro. Hic et nunc. Tutto è incentrato nel qui ed ora, nel presente. Un presente incerto, che cambia velocemente. I lavori sono sempre più precari, temporanei, transazionali. E allora è ovvio che anche le esigenze dei giovani non siano le stesse dei loro genitori o dei loro nonni.

In passato, c’erano più certezze. Era possibile disegnare progetti a lungo termine. Oggi, questo non è più possibile. E quindi, in una condizione simile, i giovani vogliono impegnarsi quando ne vale la pena. Vogliono sbarazzarsi di quella sensazione di sfruttamento e di instabilità. Ed ecco che il fenomeno quiet quitting incarna questa nuova esigenza. Questa voglia di sentirsi liberi e non costantemente dediti al lavoro.

Quiet quitting: perché nasce questo fenomeno?

Oggi, il lavoratore sa che non è solo l’azienda per cui lavora ad aver bisogno di lui. Ma sono soprattutto gli affetti e la famiglia a necessitare della sua presenza. In tal senso, la pandemia è stata Maestra nello spostare l’attenzione su ciò che davvero conta. E ciò che conta non è la performance, né l’ambizione spietata. 

Conta fare quel che si ama, quello in cui si crede davvero. I giovani non hanno più voglia di perder tempo in attività che non li aggradano, che non li fanno sentire valorizzati. Non si può dire loro che sono fannulloni. Piuttosto serve porre una lente di ingrandimento sul mondo, osservare i cambiamenti e chiedersi il “perché” dei fenomeni come Quiet quitting , Great Resignation, Burnout. 

La verità è che il concetto di lavoro sta mutando vertiginosamente. Niente è più prevedibile per le nuove generazioni. Anzi, sono continuamente chiamati ad adattarsi all’incertezza lavorativa.

“Il concetto di sicurezza del posto si evolve in quello di employability” (Psicologia delle risorse umane, 2021).

Questo vuol dire che le persone investono sulle proprie competenze professionali per sentirsi sicuri. E laddove queste competenze sono appetibili per un’azienda, quest’ultima deve saper capitalizzare il sapere lavorativo. E soprattutto deve favorire l’equilibrio lavoro – vita privata.

Il punto è che i contesti lavorativi non sono più stabili. Di conseguenza, le persone non sono più mosse da uno spirito di abnegazione e di servizio. In passato le persone eseguivano gli ordini con solerzia, lavoravano tanto e in cambio le loro aspettative si realizzavano. Lo scambio era dunque equo

Oggi non è più così. Ragion per cui il Quiet quitting è una risposta ad un equilibrio che si è incrinato. Ovvero quello tra lavoratore e organizzazione. È una tendenza che porta le persone a voler lavorare, ma senza stressarsi. Specie se credono che non ne valga la pena e che non saranno ripagati. 

Quiet quitting: di cosa si tratta? Per intenderci meglio, questo fenomeno è l’opposto dello Stacanovismo. Quest’ultimo si riferisce ad uno zelo smisurato verso il lavoro. Invece, quiet quitting fa riferimento al lavoro disimpegnato. E non per pigrizia. Piuttosto perché non si è disposti a dare tanto per un’organizzazione che non contraccambia il proprio impegno.

Quindi, attenzione a scagliarsi contro i Millenials e contro la Generazione Z.  Questo fenomeno non va ad intaccare la loro professionalità. Anzi, va a sottolineare la determinazione del singolo nel voler difendere il proprio benessere e la propria identità vocazionale

Emanuela Mostrato

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