Dal titolo può sembrare una domanda provocatoria. Ma da una room di clubhouse, che si è svolta qualche giorno fa, si è dibattuto molto su questo argomento e pare che sia giusto porci non solo questa, ma moltissime altre domande al riguardo. Si, a mio avviso, è giusto parlare di inclusione. Ed è giusto parlarne soprattutto oggi. Perché se non si facesse non si riuscirebbe mai ad andare avanti. Parlarne è il primo passo, il fare è ciò che segue.
Specifichiamo anche che l’inclusione non è integrazione
Integrare significa che una persona deve cambiare aspetti di se stesso, del suo carattere ad esempio, per essere integrato in una comunità o in una società. Includere è totalmente diverso. Un’individuo viene incluso per così com’è e non deve cambiare assolutamente nulla di se stesso. Viene semplicemente accolto. E, di conseguenza, gli vengono riconosciuti tutti i diritti di cui godono anche gli altri.
È importante specificare anche un’altra cosa. L’inclusione sembra un processo sempre “esercitato” da chi, in realtà, non è escluso. Queste sono le persone privilegiate (specialmente maschi, bianchi, etero, cis). Questo, anche indirettamente, implica la detenzione di potere da parte di qualcuno, “più forte”. Si pensa, quasi in automatico, che queste persone si sentano in diritto di scegliere se qualcun altro, appartenete ad una minoranza, può essere incluso o no.
Quindi, parlare di inclusione implica già l’esistenza di qualcosa di profondamente sbagliato all’interno della nostra società. Purtroppo è cosi. Ed è per questo che se ne DEVE parlare.
Se parliamo di inclusività e prodotti cinematografici, ad esempio, è importante evidenziare un po’ di elementi. Prendiamo in considerazione i film di Hollywood. La produzione di questi film, nel corso degli anni, ha lavorato moltissimo partendo da zero. Dagli anni 50 il cinema hollywoodiano era strutturato su un’impronta fortemente razzista e di esclusione.
Si deve parlare, in questo caso, di oggettività della rappresentazione sociale ed umana, e nel cinema questo ha avuto una sua evoluzione e una sua problematicità. È stato un percorso lungo e difficile. Un elemento importante che si deve usare e su cui basarci è la prospettiva storica. In base a questa possiamo inquadrare il problema, e il confronto di visione tra le varie generazioni è molto importante.
Anche nelle serie TV si può fare lo stesso discorso. Tantissime serie TV di oggi (soprattutto quelle per adolescenti) hanno al loro interno una grossa percentuale di persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, ad esempio. E questo è dato, sopratutto, anche per andare contro a quella censura che queste minoranze hanno subito per tutti questi anni. Come se fosse una sorta di rivendicazione. Una rivendicazione più che giusta.
Queste persone non hanno mai avuto l’opportunità di avere una certa visibilità sugli schermi.
Ma la presenza di così tante persone appartenenti a queste minoranze sugli schermi, può essere considerata come una sorta di storpiamento della realtà? Poiché sempre di minoranze si parla? Magari si, magari no. Secondo me dipende da come ognuno di noi vive questo tipo si situazione. Personalmente, in tutta la mia cerchia di conoscenze, conosco un paio di persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, altri possono avere più conoscenze di questo tipo. Fatto sta che queste persone esistono.
Dico solamente che sempre di minoranze si tratta, ed è proprio per questo che vanno tutelate. Che vanno protette. Anche perché se non fosse così, a mio avviso, non ci sarebbero tutti questi problemi. Molto probabilmente non staremmo neanche qui a parlarne.
Secondo me se l'”eccesso”, se così si può definire, di politically correct possa comunque servire a sensibilizzare, educare e normalizzare ciò che poi normale è, ben venga. Anzi, che si faccia ancora di più, se fosse per me.
L’importante è il COME questo si faccia. Senza esagerazioni e senza storpiature. Anche perché se no, molto probabilmente, si rischia di creare l’effetto opposto.
Ancora oggi, è necessario un lavoro approfondito nel modo in cui le rappresentazioni della società, le etnie, le minoranze ecc. vengono narrate in processi inclusivi. Poiché si rischia di commettere gravi errori. È chiaro che bisogna includere, l’importante è come si deve fare e come si rappresenta.
Poi, è giusto anche dire che l’inclusività non si può forzare.
Bisognerebbe, semplicemente, farlo. Ma un autore (scrittore, produttore di film e serie tv…) non dovrebbe mai sentire di avere la propria libertà di espressione “attaccata”. Il processo di inclusione è un qualcosa di naturale, che dovrebbe venire spontaneo. Se fosse qualcosa di forzato, almeno per me, non si parlerebbe neanche più di inclusione.
È chiaro anche che per parlare di questi temi, i quali non sono conosciuti in profondità da molti, è necessario informarsi bene, farlo nel modo giusto, fare attenzione, senza strafare. E sopratutto usare le parole giuste.
Ma la domanda che ci facciamo tutti è… si può raggiungere l’inclusione totale?
È possibile, certo. Ma è un qualcosa che richiede moltissimo tempo e sopratutto tanto lavoro. Per averla subito bisognerebbe rifondare totalmente la società. Crearne una ex novo, dal nulla. Ma sappiamo tutti che questo non è possibile.
Il lavoro che possiamo fare adesso va concentrato sopratutto sull’educazione. È essenziale eliminare completamente tutti i pregiudizi che si hanno, tutti gli stereotipi, i bias. Questo è chiaramente più facile per le nuove generazioni che crescono già con una mentalità diversa, più inclusiva, più aperta a prescindere.
In Italia, c’è tantissimo lavoro da fare ancora. Ci troviamo al 35esimo posto nella classifica del 2021 dei paesi europei più gay friendly. 35esima su 49 paesi. E sembra che stia continuando a scendere. È un dato che deve fare riflettere. Riflettere a fondo. Perché, almeno secondo me, non è possibile che nel 2022 ci troviamo ancora in questa situazione. È grave. Per questo dico che va fatto un grossissimo lavoro di fondo. E iniziare da subito. Qualcosa per lo meno si sta già facendo. Ma non basta.
Tutti noi, anche nel nostro piccolo dobbiamo fare qualcosa. I cambiamenti, grossi o piccoli che siano, nascono tutti dalle piccole cose, sempre. Ogni singolo individuo può fare la differenza. Ma se lo facciamo tutti insieme.
L’obbiettivo è chiaramente quello di arrivare ad avere una minoranza ma al contrario.
Cioè questa formata da quelle persone ignoranti e discriminanti. Purtroppo esisteranno sempre. Ma si spera che attraverso una buona educazione e il lavoro di fondo necessario queste persone diminuiscano… arrivando loro stesse ad essere una minoranza. Arrivando loro stesse ad essere considerare come anormali.
Iniziamo (o continuiamo) tutti a fare qualcosa. Anche quelle piccole cose che ci sembrano non fare la differenza. La fanno… ve lo assicuro.
Alexa Panno
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