Sarà meglio che vi mettiate comodi, perché oggi non vi racconterò solo di una morte, ma dell’epopea di un uomo che ha cambiato per sempre il corso del rock britannico. Sì, avete capito bene: John Mayall, l’indiscusso Padrino del British Blues, ha suonato il suo ultimo accordo.
Il post su Facebook della sua famiglia è una pugnalata al cuore:
“È con il cuore pesante che annunciamo la notizia che John Mayall è morto pacificamente nella sua casa in California ieri, 22 luglio 2024, circondato dalla sua amata famiglia. I problemi di salute che hanno costretto John a porre fine alla sua epica carriera in tournée hanno finalmente dato pace ad uno dei più grandi guerrieri della strada di questo mondo. John Mayall ci ha regalato novant’anni di instancabili sforzi per educare, ispirare e divertire.”
Il guerriero della strada
Pensateci un attimo. Quanti di voi possono dire di aver vissuto veramente? John Mayall non solo ha vissuto, ha infuso vita in ogni nota che ha suonato, in ogni giovane talento che ha scoperto, in ogni anima che ha toccato con la sua musica. Nato negli Stati Uniti, ma britannico d’adozione, John Mayall è stato il faro luminoso che ha guidato il rock inglese attraverso gli oscuri e fumosi club degli anni ’60.
Nel 1963, con un’intuizione degna di un uomo illuminato dagli dei del rock, ha fondato i Blues Breakers. Con questa band, il caro vecchio John ha spalancato le porte del successo a futuri giganti del rock. Eric Clapton, Peter Green, Jack Bruce, John McVie, Mick Fleetwood, Aynsley Dunbar, e sì, anche quel Mick Taylor che poi avrebbe infiammato i Rolling Stones. Tutti questi nomi leggendari sono passati per la fucina di talento che era la band di Mayall.
Clapton, Green e gli altri discepoli
Parliamo di Clapton. Avete mai sentito parlare di “God”? Esatto, prima di essere il Dio della chitarra, Eric Clapton era semplicemente uno dei tanti giovani musicisti che John Mayall aveva preso sotto la sua ala protettrice. Il loro album, “Blues Breakers with Eric Clapton”, è una bibbia per ogni appassionato di blues che si rispetti. Non è solo un disco, è un manifesto, una dichiarazione di guerra a tutto ciò che è banale e ordinario.
Poi c’è Peter Green, il genio tormentato che avrebbe poi fondato i Fleetwood Mac. Se i Fleetwood Mac sono diventati la band colossale che conosciamo oggi, è anche grazie a John Mayall. La loro musica, radicata nel blues più puro, è una diretta conseguenza dell’influenza di Mayall.
Il Blues come filosofia di vita
Per John, il blues non era solo musica. Era una filosofia, un modo di vedere il mondo. Mayall non era un semplice interprete; era un messaggero, un alchimista che trasformava le sofferenze e le gioie della vita in pura emozione musicale. La sua connessione con la musica nera americana non era solo imitazione, era una celebrazione, un atto di devozione.
Una vita sulla strada
E parliamo della strada, quella che Mayall ha percorso per tutta la sua vita. Le sue tournee erano leggendari, nonostante i problemi di salute che alla fine lo hanno costretto a fermarsi. Ogni spettacolo era un rituale, una celebrazione del blues, un inno alla vita. Mayall viveva per la musica, e la musica viveva attraverso di lui.
Il vuoto che lascia è incolmabile, la sua eredità è eterna. Ogni volta che ascolteremo un assolo di chitarra, ogni volta che sentiremo il richiamo del blues, sapremo che un pezzo di John Mayall vive ancora in quelle note.
Addio, John. Hai suonato il blues come nessun altro, e la strada non sarà mai più la stessa senza di te.
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