Settembre 16, 2024
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A pochi giorni dal crollo del ballatoio della Vele Celeste di Scampia, tra gli evacuati c’è rabbia, tristezza, disperazione. Una tragedia preannunciata, perché le Vele di Scampia non sono mai state riqualificate. Ma in fondo perché controllare e ristrutturare un luogo diventato in tutto il mondo simbolo di degrado e malavita? In molti pensano brutalmente che gli abitanti delle Vele meritino quanto successo. Come se fosse loro la colpa di vivere in edifici fatti di ferro arrugginito, cemento cadente e mura fatiscenti. Le vele di Scampia sono sempre state sotto i riflettori, ma quasi mai per racconti positivi. E questo crollo è l’ennesima dimostrazione. Ecco le testimonianze degli abitanti della Vela Celeste di Scampia: “Lo Stato sempre assente”.

Le segnalazioni di pericolo sono finite nel dimenticatoio

In un documento del 2016, relativo al progetto “Restart Scampia“, i tecnici avevano segnalato la pericolosità della Vele Celeste e la presenza di materiale tossico per i residenti. Peccato però, che di quel documento resta solo l’inchiostro, perché il governo non ha fatto nulla per avviare un piano di riqualificazione. Nessuno ha dato mai seguito a quella relazione tecnica, né a tutte le denunce e a tutti i segnali di pericolo. Provocando così una tragedia.

Tra gli sfollati delle Vela Celeste, abbiamo intervistato due testimoni, Nunzio e Concetta.

Nunzio ti va raccontare cos’è successo l’altra sera qui nella Vela Celeste?

-Alcune famiglie stavano sulla passerella al terzo piano e ad un certo punto è caduto il ballatoio. E’ crollata una struttura di ferro. Si poteva evitare, c’erano segnali da tempo, è stato avvertito anche il cantiere ma non hanno mai fatto niente. Nessun controllo adeguato. Il ferro non è controllato da quarant’anni. Io abito proprio al terzo piano, ho visto tutto. Le famiglie sono distrutte, stiamo piangendo da giorni. C’è tanta gente in ospedale.

Qual è il bilancio delle vittime? Come stanno i suoi figli?

Tre vittime e dodici feriti al momento. I miei figli sono piccoli e sono traumatizzati, non si fa altro che piangere. La protezione civile e il popolo napoletano ci stanno aiutando molto. Lo Stato, invece, è sempre assente, sempre contro di noi.

Di cosa avete più bisogno in questo momento?

-Abbiamo bisogno delle nostre case, come tutti. Le cose più importanti ce le abbiamo lì e ora ci sentiamo poveri. Abbiamo vergogna perché non abbiamo niente più. La devono pagare perchè non c’è mai stata manutenzione. La Vela Celeste conta più di 800 abitanti, tutti sfollati. Più della metà sta all’Università Federico II di Scampia. Io e la mia famiglia ci arrangiamo: dormiamo per strada, sulla panchina, nell’Università, nelle macchine. Abbiamo bisogno di aiuti, di medicinali. 

Da quanti anni abiti qui?

-Vivo qui da oltre 10 anni, abitavo a Ponticelli, ma preferisco Scampia a Ponticelli. 

Successivamente abbiamo intervistato Concetta, anche lei molto provata e in pena per i suoi figli

Concetta dov’era quando è accaduto il crollo?

-Ero a casa, sulla passerella e stavo fumando. All’improvviso ho visto cadere tutto, le persone erano sotto le macerie. E’ stato terrificante. Sto dormendo in macchina con i miei bambini. Ho tre figli: 16 anni, 7 anni e 5 mesi.  Abito qui da dieci anni e da tempo aspetto una casa. Ma non si è mai smosso niente. Serve un tetto, chiedo allo stato una casa per i miei figli perché sono terrorizzati. Niente di più, chiedo solo un tetto.

Concetta ha negli occhi la disperazione e la paura. Mentre parla fa fatica a trattenere le lacrime. Come darle torto, nessuno ha fatto niente per evitare la rovina della Vela Celeste. Non chiede niente di più di quello che ogni essere umano dovrebbe avere, ovvero un’abitazione dignitosa, una vita dignitosa. Un tetto sopra la testa che possa riparare lei e i suoi figli dalla strada. 

Da una realtà in cui gli ultimi sono destinati a vivere in una condizione di abbandono e di subalternità, mentre chi potrebbe fare qualcosa per cambiare il destino di queste persone se ne sta lì a guardare. O peggio a parlare, a fare comizi politici senza poi fare nulla di concreto per la periferia di Napoli.

Oggi a Scampia i riflettori sono di nuovo alti, le luci delle telecamere e dei telefoni sono ben accese

In televisione e sui social si parla ogni giorno di quanto accaduto, di come si sta fronteggiando il problema e dei sussidi che stanno ricevendo gli sfollati. Si continuerà a parlare finché terminerà il tempo mediatico e le luci si abbasseranno. Intorno alla Vela Celeste tornerà a torreggiare l’atmosfera fioca e torva dell’abbandono. 

Resterà solo chi nella periferia nord di Napoli ci è nato, chi ha scelto di non abbandonare né Scampia, né gli abitanti. Resteranno le associazioni di volontari e chi non ha mai smesso di credere che a Scampia possa esistere un futuro migliore. In fondo non è la prima volta che questo quartiere viene emarginato e trattato come un ghetto. Eppure Scampia si è sempre rialzata, con o senza l’aiuto dello Stato. E ce le farà anche questa volta, perché oltre le sterili narrazioni pregne di stereotipi, nessuno riuscirà a sottrarre lo spessore umano, civile e solidaristico degli abitanti di Scampia.

Emanuela Mostrato

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