Il 31 luglio 1954, l’Italia celebrò una storica impresa alpinistica: la conquista del K2. La spedizione, guidata dal geologo Ardito Desio, portò per la prima volta una squadra italiana sulla vetta della seconda montagna più alta del mondo. Questo traguardo rappresenta non solo un successo alpinistico, ma anche una vittoria geopolitica e scientifica di grande rilevanza.
Le radici dell’esplorazione
Tra il XIX e il XX secolo, le esplorazioni geografiche moderne raggiunsero il loro apice. Con gran parte del globo già mappata, restavano poche regioni ancora inesplorate, tra cui le immense cime dell’Himalaya e del Karakorum. Lì si trovano le due vette più alte del mondo: l’Everest (8848 metri) e il K2 (8611 metri). La “corsa ai Poli” del passato si trasformò così in una sfida verso queste vette, il “Terzo Polo” dell’alpinismo.
Le prime spedizioni italiane
Il legame tra l’Italia e il K2 iniziò nel 1909 con Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, che tentò la scalata attraverso lo Sperone Abruzzi. Nonostante l’abbandono dell’impresa a 6666 metri, il Duca non tornò a mani vuote. Le successive spedizioni, come quella del 1913 guidata da Filippo de Filippi, proseguirono gli studi scientifici e l’esplorazione della regione, contribuendo alla conoscenza delle aree himalayane.
Il piano di ardito desio
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia, desiderosa di riscatto, vide nel K2 un’opportunità di prestigio internazionale. Ardito Desio, esploratore esperto, organizzò una spedizione meticolosa con il supporto del governo italiano e un accordo con il Pakistan. Questo accordo, facilitato da Alcide De Gasperi, prevedeva il supporto tecnico italiano per l’infrastruttura idroelettrica del fiume Indo in cambio del permesso di scalata.
La spedizione del 1954 e la conquista del K2
Il team di Desio, composto da tredici alpinisti italiani e quattro ricercatori, partì il 30 aprile 1954. Tra i membri vi erano Achille Compagnoni, Lino Lacedelli e il giovane Walter Bonatti. Dopo aver superato difficoltà immense, inclusa la morte di Mario Puchoz per edema polmonare, il team raggiunse il campo base e cominciò la scalata finale.
Il 30 luglio, Compagnoni e Lacedelli partirono per l’ultimo tratto, con Bonatti e l’hunza Mahdi impegnati nel trasporto delle bombole d’ossigeno. Non trovando il punto d’incontro prestabilito, Bonatti e Mahdi furono costretti a passare una notte all’addiaccio, a quota 8150 metri, in condizioni estreme. Nonostante questo, il giorno successivo, Compagnoni e Lacedelli riuscirono a raggiungere la vetta del K2 alle 18:00 del 31 luglio 1954.
L’impatto della conquista
La notizia del successo arrivò in Italia il 3 agosto, scatenando un’ondata di entusiasmo. La conquista del K2 fu vista come una rivincita nazionale e un simbolo di rinascita dopo la guerra. Nonostante le polemiche post-spedizione riguardanti l’episodio di Bonatti e Mahdi, l’impresa rimane un capitolo glorioso nella storia dell’alpinismo italiano.
Settant’anni dopo, la conquista del K2 continua a ispirare generazioni di alpinisti e a rappresentare un esempio di determinazione e abilità. La spedizione del 1954 ha dimostrato che, con preparazione e tenacia, è possibile superare le sfide più difficili. Il K2, con le sue storie di coraggio e sacrificio, rimane un monumento alla capacità umana di esplorare e conquistare l’ignoto.
La storia della conquista del K2 è una testimonianza di coraggio, sacrificio e ambizione. L’impresa di Ardito Desio e del suo team non solo ha segnato un trionfo alpinistico, ma ha anche rafforzato il prestigio internazionale dell’Italia. Oggi, ricordiamo questa epopea come un esempio luminoso di ciò che l’umanità può raggiungere quando si unisce per superare le sfide più estreme.
Cristina Ferrari
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