Aprile 23, 2024
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Il problema del nudo ai tempi di facebook e della censura in generale è vecchio quanto la storia della cultura occidentale: troppo lungo l’elenco per enumerare i noti casi di opere d’arte sfregiate, celate o completamente distrutte da benpensanti signori, arbitri di ciò che è o non è eticamente corretto. Ancora oggi il problema è attualissimo. Come si pongono i social di fronte a questo argomento?

Facebook, Instagram e il problema della censura

Il “moralismo prudente” dei Social Network sembra non conciliarsi molto con la diffusione del bello, in qualsiasi forma esso si presenti. Vi sono stati, difatti, eclatanti casi di censura negli ultimi anni, soprattutto da parte di Facebook e Instagram, riguardanti opere d’arte.

Di cosa si tratta

Il mondo dell’arte si è ultimamente confrontato con un termine che con l’arte sembra poco aver a che fare: algoritmo. Per farla semplice, il sistema dell’algoritmo è una procedura o un insieme di procedure applicate soprattutto nel campo dell’informatica ed è, pertanto, alla base di tutti i software. Nel caso dei social network l’algoritmo processa e filtra in modo automatico le immagini in base al contenuto, e quindi regola quello che può essere visto o meno. È, naturalmente, anche una forma di tutela importante per tutti gli utenti. Tuttavia, essendo una forma di intelligenza artificiale, tale procedura non è capace di distinguere i nudi d’arte da immagini pornografiche.

I casi più clamorosi

Il primo a essere stato identificato dall’algoritmo di Facebook è stato Jerry Saltz, il critico d’arte premio Pulitzer del New York Magazine. Saltz aveva postato un dettaglio dell’affresco di Pompei (di duemila anni fa) che mostrava una coppia impegnata a consumare un rapporto. In seguito a questo post, Facebook ha sospeso il suo account: Saltz è solo il primo di una lunga lista.

La Venere di Willendorf – Il nudo ai tempi di Facebook

Stessa cosa è successa alla pagina del Centre Pompidou, che ha pubblicato una foto di Gerhard Richter al Jeu de Paume ritraente un nudo della fotografa francese Laure Albin Guillot. La celebre Origine du monde di Gustave Courbet, che mostra una vagina, ha ricevuto il medesimo trattamento e così anche La Venere di Willendorf. Perfino la Sirenetta di Copenaghen, simbolo della capitale danese, fotografata ogni anno da milioni di turisti, è stata censurata dai social media di Mark Zuckerberg. L’elenco potrebbe continuare, ma fermiamoci qua.

Proteste senza risparmi

Molti artisti e uomini di cultura non sono rimasti in silenzio ma hanno sottolineato la necessità di mantenere, all’interno di una società libera, una più oculata discriminazione tra un prodotto culturalmente valido e un’immagine inappropriata.

#WeTheNipple

Fra le altre iniziative, ricordiamo quella organizzata dal fotografo Spencer Tunick che nel giugno del 2019, sostenuto dalla Coalition Against Censorship (NCAC) e 125 persone diverse per nazionalità, età, sesso, e colore della pelle. Attraverso la protesta si rivendicava il diritto di pubblicare foto senza censure calate dall’alto in modo acritico. La manifestazione si svolse davanti all’Astor Place, NY (dove hanno sede Facebook e Instagram).

Vittorio Sgarbi porta Zuckerberg in tribunale

Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Canova, in passato ha deciso di agire per vie legali, chiedendo un risarcimento danni al creatore dei social. La Gypsotheca di Possagno, infatti, sarebbe stata danneggiata nella strategia di comunicazione e promozione della propria collezione d’arte da Facebook e Instagram, con conseguenti danni anche all’economia dell’istituzione, perché intenzionata a postare un’immagine delle Tre Grazie. Il critico ha ironicamente proposto a Facebook di affidarsi agli storici dell’arte nella scelta delle immagini da proporre agli utenti.

L’esilarante risposta dell’ente turistico a Facebook

La risposta più simpatica è sicuramente stata quella dell’ente turistico delle Fiandre, che si è visto censurare alcune immagini del Rubens durante una campagna pubblicitaria. Il maestro barocco è infatti noto per la presenza nei suoi dipinti di sensuali soggetti femminili dai seni, dai deretani, dai ventri prosperosi­ altro che standard odierni i quali hanno impressionato anche Facebook. L’ente ha realizzato un breve video in cui si invitano i visitatori della Rubenshuis di Anversa, la casa museo del pittore nato a Siegen, a lasciare velocemente le sale, qualora dichiarino di disporre di un account sul social media

Il nudo ai tempi di Facebook, il problema rimane. Che fare?

Cosa succede quando un’immagine o un video viene giudicato inadatto? L’utente può mandare in revisione il video o l’immagine. Un sistema di controllo giudica lo sbarramento fatto dall’algoritmo, che valuta l’indice di errore dell’algoritmo stesso. Tuttavia, seppur approvato il contenuto del post, come forma di autotutela, vi è una limitazione piuttosto importante della visibilità di quanto pubblicato.

Spencer Tunick, sopra citato, propone di seguire il modello Youtube, che ha studiato un sistema per esaminare le opere d’arte singolarmente e non sottoporle a censura arbitraria.

C’è anche chi, con una proposta ancora più ragionevole, propone di provare a settare gli account degli artisti in modo appropriato (cioè, definire gli account con determinate caratteristiche, in modo tale che l’algoritmo di censura eviti la censura stessa, riconoscendo gli utenti che discutono di arte).

Un problema “costituzionale”

L’articolo 21 della Costituzione italiana garantisce a tutti la libertà di espressione, si serva essa della parola, dello scritto o di qualsiasi altro mezzo di diffusione: i social sono pertanto inclusi nella categoria, essendo ad oggi uno degli strumenti più efficaci per raggiungere le masse. Il sito Inside Marketing scrive che “i social network sono diventati una fonte primaria d’informazione. Il 66% degli utenti Facebook, per esempio, dice di usare la timeline soprattutto per informarsi; lo stesso avviene per il 59% degli utenti Twitter. Considerando il totale di iscritti alle piattaforme, si tratta di quasi un terzo della popolazione che usa i social come fonte primaria di informazione” (fonte: sondaggio condotto tra il 12 gennaio e l’8 febbraio del 2016 da news use accross social media platform ).

Di conseguenza, essendo i social uno strumento così importante per comunicare, gli utenti devono avere la possibilità di manifestare la propria libertà di espressione, di mostrare i propri interessi artistici o di fare pubblicità di esposizioni e musei (a maggior ragione se per l’arte questo non è un bel periodo).

Brevi riflessioni

Trovare mia sorella sul letto in lacrime, per aver visto involontariamente una scena del pestaggio brutale e indicibilmente violento di George Floyd su Instagram, mi ha fatto pensare che forse i social media dovrebbero preoccuparsi di censurare altro, non certo l’arte e la cultura di cui siamo tanto ricchi e che non sempre, purtroppo,  riusciamo a conoscere e ad apprezzare fino in fondo.

Che poi, diciamoci la verità, ci pensano i cookies di Instagram a individuare le preferenze degli utenti e palesare immagini tutt’altro che pudiche; i maschi non necessitano certo di un capezzolo per sentirsi stimolati e chi crede che una donna seminuda sia meno eccitante di un corpo integralmente nudo si sbaglia. Completamente. Il vedo-non vedo, si sa, ha sempre fatto più effetto.

Larissa Murru

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