Marzo 19, 2024
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Esiste da sempre nell’amore una spinta appropriativa. Calata nella dimensione quotidiana la si può ritrovare in frasi che a volte noi stessi pronunciamo, come: sei mio/a o sono tuo/a. Il sentimento del possesso, però, se incontrollato, rischia di deformarsi e manifestarsi attraverso l’atto violento. La violenza è un’azione che di per sé misconosce l’amore, che si può manifestare al massimo grado solo se libero.

Paradossale, quindi, l’atteggiamento di chi pretende l’amore a partire da una forma di coercizione. L’atto dispotico punta a sopprimere la libertà dell’altro perché la teme, perché l’uomo violento ha paura di ciò che non può governare e di tutto ciò che sfugge al suo controllo. In un’altra lettura, di tipo psicoanalitico, nella violenza maschilista si nasconderebbe una sorta di impulso pedagogico: gli uomini violenti, cioè, pretenderebbero di insegnare alle donne come vivere. Molte di quelle che fanno fatica a rintracciare una propria identità rischiano purtroppo di mettersi nelle mani di questi pedagoghi violenti che trasformano il rapporto in una relazione di subordinazione forzata, all’interno della quale il potere sadico diventa moneta di scambio per una presunta identità.

Aumento dei casi di violenza dopo il Covid

Con l’arrivo della pandemia da Covid-19, la situazione è peggiorata: nei primi mesi del 2020 si è registrato un sensibile aumento dei casi di violenza a danno delle donne, a motivo del confinamento forzato e delle maggiori difficoltà riscontrate nel raggiungere i servizi di sostegno. Inoltre, quelle che svolgevano lavori precari e/o informali perduti durante l’emergenza sono state ancora più esposte a maltrattamenti, a causa dei più lunghi periodi di permanenza in casa e di maggiore dipendenza economica dal partner, vivendo come una sorta di prigione le mura domestiche: lo spazio che più di tutti dovrebbe farci sentire accolti e al sicuro. Nel 2020, secondo i dati raccolti dal il Ministero della Salute, le chiamate al 1522 sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (ricordiamo anche l’esistenza di alcune app antiviolenza come D.i.Re). Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo 2020, in piena emergenza da Covid-19, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019).

Altri dati interessanti sull’aumento della violenza dopo il covid

Nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019). Quest’ultimo dato potrebbe consegnarci un’altra informazione: la pubblicità, fatta in occasione della ricorrenza, smuoverebbe gli animi delle donne vittime di abusi. L’ultimo report è quello del Servizio analisi criminale della Direzione Centrale, che dà notizia di un allarmante incremento dei femminicidi dell’8%, con una donna uccisa ogni tre giorni. Le statistiche restituiscono l’immagine dell’enorme estensione del problema della violenza domestica, ma non possono neanche lontanamente raccontare il dolore emotivo e fisico che una vittima vive.

Rimbombo di silenzi assordanti

Il tema della violenza domestica sulle donne è solo una ramificazione del più grande dramma della “violenza di genere”. Qualche giorno fa, alla Camera, il Ministro delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, dall’alto del suo seggio, deve aver sentito tutto il peso dell’imbarazzante assenza e noncuranza di chi, come lei, dovrebbe rappresentare il popolo italiano: ad ascoltare la mozione contro la violenza sulle donne sono stati solo 8 deputati su 630 (a malapena l’1,3% del totale). Se un argomento così scottante ed attuale coinvolge, evidentemente, un così esiguo numero di parlamentari, diventa poi difficile pretendere che l’attenzione dell’opinione pubblica si rivolga con la dovuta considerazione a un tema così delicato.

violenza dopo il covid – nessuno deve sentirsi solo

Cosa può fare ciascuno di noi? Ecco alcuni consigli pratici, dati da esperti del settore, per supportare le donne in questa estenuante battaglia: innanzitutto, bisogna ascoltare con empatia e assicurare alla persona che le crediamo. A proposito di colei che subisce un trattamento brutale un centro antiviolenza spiega: “Deve esserle costato molto aprirsi con te. [Le vittime] tendono più a nascondere o minimizzare l’accaduto, piuttosto che a parlarne apertamente o esagerare i fatti. Anche se può essere difficile per te immaginare che qualcuno che conosci sia un violento, tieni conto che probabilmente una persona del genere quando è con te si comporta in un modo molto diverso rispetto a come si comporta con la vittima”. Altra cosa importante è rassicurare la vittima, rafforzare la sua autostima, ricordando, ad esempio, le sue migliori qualità. Altrettanto utile è offrire sostegno pratico mettendosi a disposizione per badare ai bambini, ad esempio, o per preparare qualcosa da mangiare. È essenziale accertarsi che la vittima abbia pensato a un piano d’azione da adottare eventualmente per la sua incolumità, incluso un posto in cui andare in caso di emergenza. Infine, è necessario aiutare la malcapitata a comprendere che è in grado di prendere una decisione personale al riguardo, fornendoleinformazioni che possano essere utili e menzionando possibili opzioni, senza però dire cosa fare o non fare.

Un po’ indietro nella storia

Il 25 novembre ci ricorda l’importanza di non dimenticare un tema così grave come quello del maltrattamento delle donne. In questo giorno nell’anno 1960, tre sorelle, che portavano il cognome di Mirabal, furono selvaggiamente uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana, per essersi opposte a una delle dittature più dure dell’America Latina (dal 1930 al 1960 si calcola che furono uccise più di 50.000 persone). Le tre sorelle, donne intelligenti e coraggiose, insieme ai loro mariti diedero vita al Movimiento Revolucionario 14 de Junio, gruppo politico di opposizione clandestina che cercava di combattere le atrocità commesse dal regime. Le Mirabal, dopo essere state incarcerate, furono liberate ma successivamente, mentre si recavano a far visita ai loro mariti nella prigione di Puerto Plata, la loro auto fu bloccata dal Servicio de Inteligencia Militar, fatte scendere e, condotte in una piantagione di zucchero, furono uccise a bastonate. Le sorelle Mirabal sono passate alla storia anche con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per l’audacia dimostrata nella lotta a favore dei diritti della parte femminile e il giorno del loro assassinio fu istituita come data ufficiale della Celebrazione contro la violenza sulle donne.

Larissa Murru

SE SEI IN PERICOLO, CHIAMA SEMPRE IL NUMERO DI EMERGENZA UNICO EUROPEO: 112

Altri numeri utili:

Rete nazionale antiviolenza: 1522

Servizio di prevenzione e contrasto delle discriminazioni: 800901010

Numero verde contro la mutilazione dei genitali femminili: 800300558

Numero verde antitratta: 800290290

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