Aprile 19, 2024
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Nel mondo frenetico dei social media, l’umanità si trova a rischio di congelarsi, immersa in un universo di feticci che distraggono. La nostra empatia è rallentata dalla corsa verso l’apprezzamento virtuale, mentre la velocità e la facilità con cui siamo esposti ai fenomeni sociali ci spingono a diventare persone “importanti”. In questa sorta di stato alterato di coscienza, la visibilità e il numero di followers diventano indicatori del nostro valore e benessere. E qui entra in gioco il trauma porn.

La corsa al like e l’assenza di tempo per le domande

In un mondo in cui tutto si muove al ritmo di un like, non abbiamo più tempo per porci domande essenziali. Dobbiamo fare di più, sempre più velocemente, per un pubblico sempre più vasto. Il significato si perde dietro l’apprezzamento superficiale e il desiderio di essere “instagrammabili”. L’intimità, il senso etico e la profondità delle relazioni svaniscono di fronte alla ricerca di gratificazione immediata.

Il fenomeno del Trauma Porn

E qui entra in gioco il Trauma Porn. Si tratta di un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più, rappresentando una forma di fascinazione per eventi traumatici vissuti da altre persone. Questi eventi vengono condivisi e spettacolarizzati sui social media, talvolta attraverso messe in scena dolorose. Si tratta di una sorta di pornografia emotiva, in cui il dolore diventa oggetto di consumo. Video di morti tragiche, come quelle di neri durante proteste come il Black Lives Matter. Tutto viene raccontato nei minimi dettagli, creando un’esperienza di trauma vicario per chi li guarda e riattualizzando la sofferenza per chi ha vissuto tali eventi.

Allo stesso modo, le immagini strazianti della guerra, i barconi dei migranti, le carestie. Ma anche le continue interviste di personaggi famosi che raccontano di abusi subiti in un lontano passato, di tradimenti. Persino ciò che in questi giorni sta avvenendo in Emilia Romagna ne sono un esempio. E nessuno, chi più, chi meno, ne è escluso.

La disumanizzazione del dolore

La rappresentazione visiva del trauma non sensibilizza né spinge all’azione, ma svuota ciò che è intrinsecamente umano, rendendo meno sensibili e disumanizzando. L’emozione viene ridotta a una performance da spettacolo, in cui il fascino del mostro si accresce mentre il suo carattere di mostruosità si dissolve. Questa sovraesposizione al dolore e al trauma ci allontana dalla realtà, depredandoci di consapevolezza e attenzione verso gli altri.

Il rischio di una educazione emotiva superficiale

Senza una buona educazione all’affettività e al rispetto per le emozioni proprie e altrui, questa sovraesposizione al trauma ci allontana dalla realtà. Il trauma porn ci svuota di sensibilità ed empatia. I risultati possono essere simili a quelli che la pornografia ha su chi viene esposto a un’eccessiva quantità di contenuti senza un’adeguata educazione sessuale. La connessione emotiva e il piacere come linguaggio vengono persi, causando problemi evidenti ma i cui effetti ci sono ancora sconosciuti.

Il trauma porn come stratagemma dei media per creare assuefazione

essere utilizzata da coloro che controllano i media come un efficace stratagemma per creare assuefazione nel pubblico. Attraverso la costante esposizione a storie di sofferenza, tragedie e ingiustizie, i media possono generare una dipendenza emotiva e un desiderio di continuare a seguire tali narrazioni. La ripetizione di immagini o testimonianze scioccanti, unite a una copertura intensa di eventi drammatici, può innescare nel pubblico una sorta di abitudine ad essere costantemente coinvolto in queste situazioni dolorose.

La reazione emotiva delle persone diventa quindi una risposta attesa e cercata dai media, che mirano a mantenere l’attenzione del pubblico, generando così un ciclo in cui la domanda di contenuti drammatici e intensi viene continuamente alimentata. Questo tipo di assuefazione può portare a una percezione distorta della realtà, con una concentrazione esclusiva sulle tragedie e un’attenzione ridotta verso altri aspetti della vita quotidiana. È fondamentale sviluppare un pensiero critico e una consapevolezza dei meccanismi utilizzati dai media, in modo da poter bilanciare la comprensione dei problemi e delle sofferenze con una visione più ampia e un approccio pragmatico nell’affrontare le questioni che ci coinvolgono.

Quello che sta accadendo è che i media stanno influenzando le nostre azioni spingendoci a fare determinate cose

Attraverso la spettacolarizzazione e la manipolazione emotiva, i media possono suscitare reazioni immediate e impulsiva in noi, portandoci a compiere azioni che potremmo non fare altrimenti. Ad esempio, potremmo essere spinti a condividere un determinato contenuto, ad aderire a una causa o a sostenere una determinata posizione, anche se non abbiamo analizzato a fondo le implicazioni o le conseguenze di tali azioni. La strategia del dolore può sfruttare la nostra vulnerabilità emotiva e il nostro desiderio di appartenenza o di agire in modo solidale, spingendoci a reagire in modo istintivo e a seguire la folla senza riflettere in modo critico. È importante essere consapevoli di questa dinamica e prendere decisioni informate, basate sulla conoscenza approfondita e sul nostro personale sistema di valori, per evitare di essere manipolati dalle strategie mediatiche.

Ma se le informazioni che prendiamo sono a loro volta influenzate da tali strategie?

Giovanni Scafoglio

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