Saltato il piano per la transizione democratica, i combattimenti in corso innescano in sudan una catastrofe umanitaria. Messo a dura prova il sistema sanitario, col rischio di coinvolgere i Paesi vicini.
La maggior parte dei feriti, tra cui molti bambini, sono persone colpite dal fuoco incrociato dei combattimenti. Hanno ferite gravi e fino a sabato pomeriggio non avevamo le risorse per operarli. Da sabato un piccolo team di chirurghi ha iniziato a effettuare interventi nel nostro ospedale, ma stiamo rapidamente esaurendo le forniture mediche, tra cui i farmaci e le sacche di sangue. Dall’inizio dei combattimenti in città non c’è corrente elettrica e anche le scorte di carburante per il generatore dell’ospedale si stanno esaurendo. C’è urgente bisogno di materiali e stiamo cercando un corridoio sicuro per consegnarli. Senza queste forniture essenziali, altra gente morirà”.
Questa drammatica testimonianza ci arriva da Cyrus Paye, coordinatore MSF a El Fasher, nel Darfur del Norddove curiamo i feriti della guerra in Sudan. Qui da sabato l’intensificarsi del conflitto tra l’esercito sudanese e le Forze di Supporto Rapido ha reso la situazione già difficile, catastrofica.
Sudan: una catastrofe umanitaria e un paese nel caos
In Sudan i combattimenti iniziati il 15 aprile scorso continuano ancora. In varie zone del Paese sussistono violenti scontri tra le forze del generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle Forze Armate Sudanesi, e quelle del Mohamed Hamdan Daglo, “Hemetti”, capo dei paramilitari delle Forze di Supporto Rapido. Il conflitto ha fatto saltare un piano sostenuto a livello internazionale per una transizione verso una democrazia civile. Quattro anni dopo la caduta dell’despota islamista Omar al-Bashir e due anni dopo un colpo di stato militare congiunto.
La lotta per il potere ha bloccato il piano per il passaggio al governo civile dopo decenni di autocrazia e dominio militare in Sudan, zona strategica tra Egitto, Arabia Saudita, Etiopia e la delicata regione del Sahel. Se non controllata, la violenza rischia di coinvolgere anche i Paesi vicini.
Fonte Medici Senza Frontiere
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