Settembre 19, 2024
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I giovani non hanno voglia di lavorare. È il tormentone che dilaga in Italia negli ultimi anni. Un ritornello che riempie le pagine dei media tradizionali e diventa spunto di polemica per dibattiti televisivi, tra imprenditori e figure pubbliche.

Ma è davvero così?

Puntare il dito sui giovani è una retorica che poco tiene conto della reale situazione in cui versa il mondo del lavoro, sempre più instabile e discontinuo.

Il Consiglio Nazionale dei Giovani e l’Agenzia Italiana per la Gioventù hanno presentato il nuovo rapporto EURES Giovani 2024: in Italia, il 67% degli under 35 ha un lavoro precario e circa il 40% guadagna meno di 10 mila euro lordi l’anno. Nella norma si aspetta diversi anni prima di ottenere un contratto a tempo indeterminato e anche allora il “posto fisso” non è sinonimo di stabilità economica, causa gli stipendi insufficienti per affrontare costo della vita.

Sarà forse che i giovani non vogliono lavorare meno, ma lavorare meglio? Magari trovando nella propria occupazione anche una fonte di soddisfazione?

In un paese che invecchia, essere giovani non paga

Riduzione demografica giovanile, fuga di cervelli, precarietà lavorativa, disuguaglianza territoriale e di genere. Un Paese che non garantisce pari opportunità ai giovani, è un Paese in lento e costante stato di abbandonato. Si parte altrove, in cerca di una prospettiva migliore, scegliendo la qualità nel lavoro e quindi nella vita. L’Italia ha perso in venti anni oltre un quinto dei giovani, diventando ultima in Europa per la presenza di under 35.

Una società che invecchia tende a penalizzare ancora di più i giovani, sia nei rapporti di forza tra le generazioni, sia in termini salariali che di avanzamento di carriera. Lo squilibrio generazionale relega i giovani a posizioni sempre più marginali e li disillude rispetto alla possibilità di partecipare pienamente alla vita economica, sociale, culturale e politica del Paese.

L’Italia del precariato non ha interesse a produrre lavoro continuo e benessere, preferisce invece lo sfruttamento della manodopera, ancor meglio se quella dei migranti. No, non rubano il lavoro a nessuno. Semplicemente non hanno alternativa e sopportano condizioni lavorative giustamente inaccettabili per noi, per pochi euro e senza alcun diritto. Il sistema del caporalato non fa altro che abbassare ancora di più i costi del lavoro e tanti sono i settori entrati in crisi.

Futuro in pausa: l’inflazione cresce, il potere d’acquisto diminuisce e aumentano precariato e irregolarità

Secondo gli ultimi rapporti di vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro le condizioni di irregolarità, comprovate anche da inchieste giornalistiche sul tema, confermano che in Italia l’incidenza di irregolarità è pari al 67%. La maggiore percentuale di irregolarità con il 76% a livello nazionale è data dal comparto turistico.

Con l’arrivo dell’estate torna ciclicamente l’allarme di alberghi senza personale, ristoranti senza camerieri, stabilimenti balneari senza bagnini. Nonostante il turismo sia il punto di forza dell’economia Italiana, la mancanza di dipendenti stagionali è in aumento. Di certo non è dovuta alla pigrizia dei giovani, ma causata dal lavoro nero e dal mancato rinnovo dei contratti nazionali, alcuni già scaduti nel 2018. Sottopagati, precari e non rappresentati, i giovani sono vittime di un sistema che di loro si cura poco e continua a generare nuove marginalità.

È il bilancio di una generazione che fatica ad assicurarsi i diritti fondamentali e la dignità professionale.

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