Il gesto del Dalai Lama cha fatto il giro del mondo e la sua richiesta di “mordergli la lingua” ha acceso forti preoccupazioni in chi segue le vicende legate ai soprusi e ai progetti della Cina nei confronti del Tibet.
L’Human Rights Watch ha registrato un incremento degli episodi di repressione da parte del governo cinese nei confronti del Tibet
Il Tibet e il buddhismo sono noti alla comunità internazionale per il loro fascino e radici millenari. È proprio per la maestosità culturale tibetana che la Cina s’impegna nel soffocare la libertà di religione tibetana, tramite ingerenze negli affari dei monasteri e persino la distruzione fisica di molti di questi.
La rovina di circa il 90% di tali luoghi non implica solo un atto fisico di demolizione, ma anche un attacco di tipo culturale, poiché i monasteri erano il sole attorno al quale ruotavano l’educazione, la cultura e la vita della comunità tibetana. Gli anni che hanno fatto da palcoscenico per tali misfatti vanno da maggio 1966 e gennaio 1969, periodo in cui era in atto la Rivoluzione Culturale Cinese.
I soldi della Cina comprano il silenzio dell’Occidente
10 marzo 2008 in Tibet scoppia una rivolta contro il governo Cinese. La reazione del governo sarà durissima. Si contano 150 morti. Per Pechino i morti sono 22. Da allora le proteste sono incessanti, monaci tibetanoi si danno fuoco, continui appelli per la richiesta di solidarietà soprattutto durante le Olimpiadi. Ma una volta finiti i giochi, il governo Cinese analizzano i video delle proteste e rastrellano casa per casa tutti i partecipanti e i responsabili delle proteste. Gli arresti sono centinaia.
Eppure al di fuori della Cina l’indignazione pare scomparire. Le proteste pubbliche sono rare. In Occidente la questione tibetana pare non interessare più. Perchè?
La posizione di forza di Pechino costringono l’Occidente alla dipendenza in settori chiave
Negli ultimi 20 anni, gran parte del controllo della catena di approvvigionamento si è spostato dall’Occidente alla Cina, sia in termini di estrazione che di lavorazione”, nota Nicholas Crawford, un ricercatore geo-economico dell’International Institute for Strategic Studies di Londra.
Nelle attività estrattive, le aziende cinesi hanno gradualmente ampliato la loro portata, spesso vincendo contratti nei paesi in via di sviluppo attraverso schemi complessi che includevano il finanziamento di progetti infrastrutturali. I loro progressi sono stati notevoli. E la loro rivalità con le aziende occidentali è stata impari.
“È vero che molte delle grandi compagnie minerarie sono ancora occidentali”, dice Gavin Montgomery, un analista della società di consulenza Wood Mackenzie, al telefono. “Ma i cinesi hanno il vantaggio di non avere nessun vincolo per investire in alcuni paesi: se un’impresa americana o europea vuole entrare in Congo, per esempio, verrà bloccata dalle banche che la finanziano. Una cinese no”. Eppure, guardando il panorama estrattivo nel suo complesso, “le aziende cinesi non possono essere viste come dominanti; le tradizionali aziende occidentali mantengono un ruolo molto significativo”, nota Crawford.
Nel 2021 si è registrato un aumento degli investimenti diretti esteri del 3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un valore di 96 miliardi di euro
Intanto il Congresso degli Stati Uniti sta lavorando a una legge per disincentivare gli investimenti americani in Cina. Washington prende di mira i settori strategici: chip, batterie, intelligenza artificiale e non solo
Dall’invasione cinese, avvenuta nel 1959, i tibetani dovettero adattarsi al regime comunista cinese e Il Dalai Lama scappare dal Tibet
Il partito condanna ogni forma d’opinione diversa dalla sua: simboli tradizionali tibetani, monasteri, luoghi di culto o forme d’arte vennero distrutti e considerati illegali.
l Tibet, un tempo territorio indipendente e pacifico, ora ospita una gran parte della missilistica nucleare cinese; testimoni raccontano che ci siano complessivamente 350 testate nucleari all’interno dell’altopiano tibetano.
Di fatto la Cina sceglierà il prossimo Dalai Lama prova ne è l’episodio che coinvolse un bambino di appena cinque anni: Gendhun Nyima, nato il 25 aprile 1989 in Tibet, era stato riconosciuto da Sua Santità come l’11º Panchen Lama, il 14 maggio 1995. Il 17 maggio 1995, il bambino e i suoi genitori, scomparirono e poco dopo, il governo cinese ammise che stava trattenendo il futuro erede e la sua famiglia da qualche parte.
Ad oggi, nessuno sa delle condizioni del piccolo e della sua famiglia
Probabilmente il gesto dell’attuale Dalai Lama potrebbe aver posto la parola fine a una delle religioni e culture più antiche del mondo. Nell’indifferenza dell’occidente.
Ginevra Leone